Attentato a Mosca, le accuse a Kiev e l’ipotesi di ripristinare la pena di morte

I terroristi sarebbero stati addestrati da Kiev in Asia centrale, secondo il direttore dei servizi segreti russi. Ma anche Lukashenko smonta la tesi del coinvolgimento ucraino.

Mentre la Russia non ha ancora finito di piangere i suoi morti, da Mosca arrivano nuove accuse rivolte all’Ucraina dopo l’attentato del 22 marzo al Crocus City Hall, rivendicato dal gruppo terroristico Isis-K, dove sono morte almeno 144 persone e 180 sono rimaste ferite; una quindicina di loro sono ancora in ospedale in condizioni gravi.

Il direttore dell’Fsb, i servizi segreti russi, Aleksandr Bortnikov, in un’intervista ripresa da Ria Novosti, ha detto che dietro gli esecutori dell’attentato ci sarebbe lo zampino di Ucraina, Stati Uniti e Regno Unito. “Crediamo che l’intervento sia stato preparato dagli islamisti radicali con la partecipazione dei servizi segreti occidentali, e gli stessi servizi segreti ucraini sono direttamente collegati”, ha dichiarato. Secondo lui, l’intelligence ucraina avrebbe partecipato all’addestramento dei terroristi in Asia Centrale, con l’obiettivo di destabilizzare la società russa e seminare il panico. 

A sostegno di questa tesi, nelle ultime ore il Comitato investigativo ha dichiarato che gli attentatori avrebbero ricevuto dei finanziamenti, anche in criptovalute, dai nazionalisti di Kiev. 

Accuse che non tengono conto però dell’avvertimento lanciato il 7 marzo dagli Stati Uniti ai propri cittadini in Russia, ripreso anche dalle ambasciate di Canada, Germania, Repubblica Ceca, Svezia, Lettonia e Corea del Sud, e condiviso con le autorità russe. L’avvertimento parlava di “piani imminenti” da parte di gruppi estremisti di “prendere di mira i grandi eventi a Mosca”. Sembra infatti che Washington fosse in possesso di informazioni che avrebbe poi comunicato anche al governo russo. La soffiata, però, è stata ignorata.

“Si trattava di informazioni di carattere generale, ha detto il direttore dell’Fsb Aleksandr Bortnikov. Abbiamo reagito a queste informazioni e, naturalmente, abbiamo preso le misure appropriate di prevenzione”. Ma si pensava che l’attacco potesse avvenire durante le elezioni presidenziali russe. “Quello che è successo, purtroppo, è stato un attacco successivo”, ha concluso Bortnikov.

L’accusa rivolta all’Ucraina dove i terroristi avrebbero “cercato rifugio” subito dopo l’attentato, come ha detto il presidente russo Vladimir Putin, troverebbe un’ulteriore smentita nelle parole del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko: secondo lui i terroristi si sarebbero diretti verso il confine ucraino perché “si sono resi conto che era impossibile entrare in Bielorussia”.

Lukashenko ha infatti spiegato che, dopo l’attentato, in Bielorussia si sono immediatamente attivate le forze del Ministero degli interni, del Kgb e del Comitato di frontiera statale e sono stati istituiti posti di blocco sulle strade, comprese le vie di collegamento con la Russia. “Per questo motivo non c’era modo che i terroristi potessero entrare in Bielorussia. Se ne sono accorti. E così si sono allontanati e si sono diretti verso la zona del confine russo-ucraino”.

I nuovi arresti

Nel frattempo sono stati confermati i nuovi arresti. L’ultimo riguarderebbe una persona che, secondo il Comitato investigativo, sarebbe coinvolta in questo presunto progetto di finanziamento al terrorismo che rimanderebbe a Kiev. Ma al momento, non sono stati rivelati né il nome, né altri dettagli. In Tagikistan, poi, sono state fermate altre nove persone sospettate di avere legami con il terrorismo. Quattro persone di nazionalità tagika erano già state arrestate subito dopo l’attentato; altri tre arresti erano stati confermati nella giornata di lunedì, e nei giorni scorsi è finito in manette anche un cittadino originario del Kirghizistan che avrebbe affittato l’appartamento a uno degli esecutori della strage.

E fanno discutere i segni di tortura sui corpi dei primi quattro imputati, arrivati in aula con la faccia gonfia e pieni di lividi. Uno di loro sarebbe stato trasportato direttamente dalla sala rianimazione, ancora incosciente, in sedia a rotelle. Sembra che durante l’interrogatorio i quattro siano stati torturati con cavi dell’elettricità attaccati ai genitali, e che a uno di loro sia stato anche tagliato un orecchio, come dimostrerebbero le bende che si vedono nelle immagini dell’udienza. 

Alla richiesta di commentare i segni di tortura, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov non ha risposto.

A Mosca l’ipotesi di reintrodurre la pena di morte

Intanto alcuni deputati russi hanno proposto di reintrodurre la pena di morte. Il “là” era dato lanciato dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev, il quale aveva detto che bisogna “uccidere” non solo i terroristi, ma tutte le persone coinvolte. Il partito Russia Giusta ha quindi proposto un referendum sul ritorno della pena di morte; e lo speaker della Duma di Stato Vyacheslav Volodin ha aggiunto che non c’è bisogno di alcun referendum, visto che “sarebbe sufficiente una decisione della Corte costituzionale”. Volodin ha anche annunciato la creazione di un gruppo di lavoro nella Duma di Stato per analizzare le modifiche alla legislazione russa dopo l’attentato.

Dalla Corte costituzionale non sono arrivati commenti sull’ipotesi di revocare la moratoria della pena di morte, che era stata introdotta nel 1997. L’ultima persona a essere stata condannata alla pena capitale in Russia fu un serial killer, giustiziato con la fucilazione nel 1996 per aver seviziato e ucciso almeno undici ragazzini.

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