Il brand del gruppo cinese Chery annuncia il debutto di modelli ibridi ed elettrici più compatti e accessibili. Mentre procede l’impegno sui progetti ambientali.
Gigafactory, viaggio fra Italia e Germania per scoprire dove nasceranno i maxi impianti per la produzione di batterie destinate alle auto elettriche. Fra le aree, anche l’ex Olivetti di Scarmagno.
Il futuro dell’elettrico passa anche attraverso le cosiddette “gigafactory”. E cioè maxi-stabilimenti in cui le batterie vengono prodotte in enormi quantità, andando incontro alla crescente richiesta da parte dei produttori di auto elettriche. Che in alcuni casi decidono di prodursele da soli.
È il caso, per esempio, di Volkswagen, che ha recentemente annunciato l’intenzione di ridurre i costi di produzione e aumentare l’autonomia delle sue auto aprendo sei gigafactory entro il 2030. Gli stabilimenti avranno complessivamente una capacità produttiva pari a 240 GWh, ed è ormai quasi certo che l’impianto di Salzgitter, in Bassa Sassonia, avrà un ruolo strategico, producendo a partire dal 2025 batterie per i modelli elettrici a più ampia diffusione e riciclando quelle esauste.
L’altra fabbrica che entrerà in funzione a partire dal 2023 è quella di Skelleftea, in Svezia, operativa dal 2023 con una capacità produttiva sino a 40 GWh: V0lkswagern ha già stretto un accordo con Northvolt, società specializzata del settore, che ha accettato di cedere la sua quota in modo da far gestire l’impianto soltanto al colosso tedesco. Non è ancora chiaro dove apriranno gli altri stabilimenti: uno potrebbe aprire in Spagna, in collaborazione con l’amministrazione madrilena e la società energetica Iberdrola, con cui Volkswagen ha stretto un altro accordo proprio per portare avanti la nuova strategia produttiva. Ma si parla anche di Portogallo e Francia, e per l’Europa orientale di Repubblica Ceca o Slovacchia. L’obiettivo è insomma quello di ridurre al massimo i costi e aumentare quanto più possibile i profitti, stringendo alleanze strategiche e producendo “in house” le batterie necessarie per consentire al marchio di proseguire in modo sempre più convinto e aggressivo sulla strada elettrica.
Ma le gigafactory non nascono soltanto in seno ai marchi auto, ma anche come realtà individuali. È il caso, per esempio, di Italvolt, il progetto tutto italiano che nelle ultime settimane ha tenuto banco non soltanto dal punto di vista “energetico”, ma anche economico: obiettivo, rendere l’Italia una futura “battery valley” inaugurando un sito che sulla carta sembra avere enormi potenzialità. A Scarmagno, in provincia di Torino, dovrebbe infatti sorgere la prima gigafactory d’Italia, la più grande d’Europa, di batterie al litio.
L’area scelta è quella della ex Olivetti, un sito industriale che misura qualcosa come un milione di metri quadrati scelto da Italvolt per sviluppare la nuova maxi-azienda. Il piano è ambizioso, ma fortemente voluto dal ceo di Italvolt, Lars Carlstrom, imprenditore da anni attivo nel settore automotive che ha annunciato l’intenzione di finanziare parte dell’investimento di tasca sua – circa 5 milioni per iniziare – e stringere partnership strategiche per coprire il resto della cifra necessaria: circa 40 milioni per iniziare, 4 miliardi in totale per iniziare a produrre nel 2024.
Il marzo scorso Italvolt ha reso noto di aver stilato un memorandum d’intesa con la American Manganese Inc. – detentrice di un brevetto sul riciclo del catodo delle batterie agli ioni di litio (RecycLiCo) – con l’obiettivo di sviluppare un impianto di riciclaggio accanto alla gigafactory di Scarmagno.
L’impianto, spiegano da Italvolt, sarà dedicato alla produzione e allo stoccaggio di batterie a ioni di litio per veicoli elettrici. L’area ex Olivetti di Scarmagno, di proprietà del Fondo Monteverdi gestito da Prelios Sgr, è stata selezionata da Italvolt per le sue caratteristiche tecniche e per la sua collocazione geografica particolarmente favorevoli.
Il sito era infatti già stato scelto ai tempi della Olivetti dagli architetti Marco Zanuso ed Eduardo Vittoria proprio per la facilità dei collegamenti stradali, autostradali e ferroviari, sia con Ivrea sia con la città di Torino, e ricalca la vocazione industriale del Piemonte, eccellenza italiana nel settore automotive.
La fabbrica piemontese si svilupperà inizialmente su 300mila metri quadrati, e avrà una capacità iniziale di produzione di 45 gigawatt, con un potenziale fino a 70 Gwh. Sarà progettato dalla divisione architettura di Pininfarina, che ha da poco celebrato i suoi 90 anni di attività e che intende progettare un impianto industriale di nuova generazione. Comau, leader nel campo dell’automazione industriale, sarà il fornitore di soluzioni innovative, impianti e tecnologie e realizzerà il laboratorio di Ricerca e sviluppo che accoglierà accademici e partner industriali impegnati nello sviluppo delle tecnologie più all’avanguardia nel settore della mobilità elettrica.
L’obiettivo, come detto, è diventare un punto di riferimento nel campo della produzione di batterie a livello europeo, rispondendo alla crescente richiesta da parte del mondo dell’automotive. La domanda secondo le stime è infatti destinata ad aumentare a livello globale di 17 volte fino a circa 3.600 gigawatt (GWh) entro il 2030.
Se il progetto della Gigafactory andrà in porto le ricadute sul tessuto economico e industriale del Piemonte saranno enormi: la stima iniziale prevede l’impiego di 4mila lavoratori, con un indotto che nel complesso potrà arrivare a creare fino a 15mila nuovi posti di lavoro.
I tempi di entrata in attività, però, a oggi sono ancora incerti. A febbraio Lars Carlstrom annunciava di avere un’opzione di acquisto sugli stabilimenti ex Olivetti, e l’intenzione di “farla valere per iniziare a produrre nel 2024”. L’imprenditore aveva anche chiarito di aver avviato lo studio ambientale e di fattibilità, ma restano da reperire i 4 miliardi di euro necessari per far partire il progetto.
Carlstrom dal canto suo ha annunciato un investimento iniziale di 30-40 milioni di euro, ma il progetto dovrà essere “reso appetibile per presentarlo alle banche e al Governo”, ha dichiarato lo stesso Carlstrom. Resta infine da risolvere la questione delle autorizzazioni. Per iniziare a costruire è necessario l’Atto unico emesso dallo Sportello unico per le attività produttive di Ivrea, e per ottenerlo sarà necessaria l’approvazione di una variante strutturale del Piano regolatore del Comune di Scarmagno, che è ancora allo studio.
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