Essere Animali

Visitare un rifugio per animali cambierà per sempre la vostra vita e anche la loro

Siete mai stati in un rifugio per animali? Visitarne uno permette di sviluppare più empatia nei confronti degli animali considerati “da reddito”.

Avete mai sentito parlare di un santuario o rifugio per animali? Immaginate un luogo dove polli, maiali, mucche, capre, pecore, conigli e altri animali “da reddito” possono vivere liberi senza mai dover temere di finire in un macello né di dover subire alcuna forma di sfruttamento. A viverci sono le specie che tradizionalmente vengono allevate per la produzione di carne, latte o uova, perciò gli animali provengono spesso da salvataggi realizzati in allevamenti o nei macelli.

Conosciuti anche come “fattorie vegane” o “oasi”, i santuari per animali sono spesso gestiti da volontari e sostenuti grazie a donazioni. Qui gli animali non sono allevati, né possono essere acquistati o commerciati. Chi li ospita si impegna a garantire loro le migliori condizioni di vita possibili, senza lucrare sulle loro esistenze. Non hanno niente a che vedere dunque con gli zoo, i parchi faunistici o le fattorie “bio”.

Da dove nasce l’idea di un rifugio per animali

Il Farm sanctuary è il primo santuario “ufficiale” ed è stato fondato nel 1986. Oggi conta due sedi, una vicino New York e una in California, e ospita oltre mille animali. Sul loro sito si legge che “è stato fondato per combattere gli abusi dell’allevamento intensivo, sostenere riforme istituzionali e incoraggiare una nuova consapevolezza e comprensione degli animali da allevamento e dei benefici di una vita cruelty-free e plant-based. Negli ultimi anni, la scienza ha confermato l’impatto disumano e distruttivo dell’allevamento, un sistema alimentare basato su oppressione e ingiustizia”.

Dove visitare un rifugio per animali in Italia

Nel nostro Paese, la Rete dei santuari di animali liberi è nata nel 2014 e mette insieme diversi progetti “che si riconoscono essere molto vicini nel loro percorso e che hanno come obiettivo comune quello di contribuire ad un miglioramento dell’attuale relazione tra noi animali umani e tutti gli altri”. Alcuni di questi, come il Santuario Capra libera tutti (Ro), sono stati aperti da ex allevatori stanchi di mandare i loro animali a morire in un mattatoio.

Da Nord a Sud i santuari in Italia sono tanti: in Piemonte si trova il Rifugio Miletta, il Rifugio Jill Phipps e il N.A.L.A.; in Lombardia Capra e cavoli, Porcikomodi, Fattoria la capra campa e Rifugio Nello Porcello; in Emilia Brugnola 1932. Ne esistono anche diversi nel Centro Italia, come il Rifugio le Chichine (An), Ohana rescue family (Fi), Fattoria della pace ippoasi (Pi); e al Sud, come la Fattoria di nonno Peppino (Fg).

Perché visitare un santuario è così importante?

Come abbiamo già raccontato, la funzione principale di un santuario è quella di salvare animali da allevamento, ma molti di questi sono anche aperti al pubblico per visite e tour. Tanti gestiscono campagne di sensibilizzazione e di raccolta fondi, oppure mandano avanti attività in favore dei diritti degli animali e di un’alimentazione vegetale.

Uno studio di Faunalytics, una no-profit che conduce ricerca e analisi su questioni che riguardano gli animali, ha stabilito che chi visita un santuario è più motivato a ridurre il suo consumo di prodotti animali. Per molti, soprattutto per chi vive in città, una visita al santuario rappresenta un’occasione unica per interagire con animali che sono considerati solo come produttori di uova, latte, carne, e non come individui con loro personalità singolari, come accade invece per altri animali tipo i cani o i gatti.

Secondo il loro studio, le interazioni a stretto contatto con gli animali hanno il potere di lasciare un ricordo duraturo su un gran numero di partecipanti. Vedere un tacchino che chiede una carezza, un pollo scontroso che vuole tutte le attenzioni per sé, una pecora che cerca le coccole proprio come farebbe un cane, sono tutti aspetti su cui non siamo abituati a riflettere.

I risultati della ricerca, in altre parole, confermano ciò che gli attivisti e le organizzazioni in difesa degli animali sanno già da tempo. Avere interazioni significative con gli animali crea empatia, ci fa mettere nei panni dell’individuo che abbiamo di fronte, e ci ricorda che dietro a ogni pezzo di carne o bicchiere di latte, c’è qualcuno e non qualcosa.

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