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I biofuels a base di colture alimentari non potranno superare il 7% del totale dei carburanti utilizzati nei trasporti.
Il Parlamento europeo ha approvato nei giorni scorsi l’introduzione di un tetto alla produzione di biocarburanti di “prima generazione”. Dopo un lungo negoziato, l’organismo comunitario ha decretato infatti che essi non potranno superare in Europa il 7 per cento del totale dei carburanti utilizzati nei trasporti. La ragione di tale scelta è legata al fatto che non tutti i biocarburanti sono davvero rispettosi dell’ambiente. Proprio quelli di “prima generazione”, ad esempio, sono prodotti grazie a colture alimentari (come colza, soia o mais) e per questo sono considerati “non ecologici” da numerose associazioni ambientaliste.
Già nel 2012, ad esempio, l’ong Oxfam aveva pubblicato un rapporto nel quale spiegava che se la terra attualmente sfruttata per produrre carburanti alternativi fosse utilizzata per coltivazioni destinate all’alimentazione, “si potrebbero sfamare 127 milioni di persone in più ogni anno”. Un problema che i biofuels di seconda generazione dovrebbero superare, dal momento che la loro produzione si basa, spesso, su rifiuti o alghe.
Il valore stabilito dal Parlamento Ue, d’altra parte, è frutto di un compromesso: neppure un anno fa Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia avevano inviato una lettera aperta ai deputati europei, spiegando che, per loro, “il 7 per cento è il livello più basso accettabile”. L’associazione francese Réseau Action Climat, ha tuttavia criticato fortemente tale posizione: “Benché imporre un tetto sia comunque utile, si tratta di un livello troppo alto. Oggi i carburanti utilizzati in Europa contengono in media il 5 per cento di biofuels di prima generazione: fissare il limite al 7 significa concedere di fatto un’ulteriore possibilità di crescita”. Cyrielle Denhartigh, responsabile agricoltura dell’associazione, parlando al quotidiano Le Monde ha accusato per questo l’Europa di aver “ceduto alla lobby industriale” dei produttori.
Tuttavia, secondo Beppe Croce, responsabile agricoltura di Legambiente, “il limite in sé non è né buono né cattivo. Il problema vero è capire come sono prodotti i biocarburanti. Anziché concentrarsi su prima e seconda generazione, l’Ue avrebbe dovuto distinguere tra quelli in diretta competizione col cibo o nocivi per l’ambiente, che andrebbero disincentivati, e quelli che, invece, in determinate condizioni possono risultare utili, come ad esempio alcuni a base di oli, a patto che non derivino da deforestazioni”.
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