L’uso dei sottoprodotti dell’agricoltura nei mangimi animali può permettere un risparmio ecologico e una via diversa per l’ecosostenibilità ambientale.
Biodiversità. Il pane come si faceva una volta
Dalla Sicilia, un Presidio Slow Food dedicato ad un ormai rarissimo pane artigianale. Il pane nero di Castelvetrano.
La forma è quella di una pagnotta rotonda, che in
siciliano si chiama vastedda, la crosta è dura e color
caffè (cosparsa di semi di sesamo), la pasta è
morbida e giallo grano. Celebre in tutta la Sicilia, il pane di
Castelvetrano è diventato negli anni sempre più raro
e ha rischiato addirittura di scomparire per la sua
particolarità di essere cotto esclusivamente nei forni a
legna e di essere prodotto con grani siciliani macinati a
pietra.
Il suo colore deriva dalla materia prima. Si impasta miscelando
due farine, quella di grano duro siciliano e quella ricavata da
un’antica popolazione di frumento locale, la ?tumminìa?,
entrambi integrali e moliti con macine a pietra naturali. Ed
è proprio grazie alla rarissima tumminìa che il pane
di Castelvetrano diventa nero e straordinariamente dolce e gustoso,
con profumi intensi e un particolare aroma di tostato. Gli altri
ingredienti sono acqua, sale e lievito naturale (lu criscenti, la
madre).
Prima della cottura l’impasto deve lievitare a lungo. Ogni
fornaio ha un vecchio magazzino ben areato dove far seccare la
potatura degli olivi. Le fronde servono per alimentare i forni di
pietra. Il fuoco – vivace e brillante – arroventa le pareti e la
temperatura, nel punto più alto, raggiunge i 300°C. A
fiamme spente si ripulisce accuratamente il forno con una scopa di
palma nana (curina) dal manico molto lungo e si inforna il pane,
che cuoce lentamente e senza fuoco diretto via via che la
temperatura decresce. Quando il forno si è raffreddato, il
pane è cotto.
Il Presidio ha riunito i panificatori in un piccolo consorzio e
ora lavora in collaborazione con il Consorzio Ballatore per
ricostruire l’intera filiera: incrementando la coltivazione della
varietà locale di grano (la tumminìa), e ridando un
po’ di ossigeno ai numerosi mulini a pietra locali, attualmente
sottoutilizzati.
Responsabile del Presidio è Franco Saccà, tel. +39
0923 559490 – [email protected]
A cura della Fondazione Slow Food per la
Biodiversità Onlus
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