Il modello virtuoso e sostenibile delle comunità energetiche rinnovabili sta riscontrando un successo innegabile in Italia.
Dopo 87 giorni è stato chiusa la falla con un tappo fatto di cemento.
L'”Odissea nera” è durata ben 87 giorni: il 20 aprile scorso infatti avveniva l’esplosione della piattaforma petrolifera della Bp, che provocò 11 morti (contati come dispersi e non più ritrovati, nonostante tre giorni di pattugliamento dell’area, da parte della guardia costiera), una marea nera di 4,9 milioni di barili di greggio (pari a 780 milioni di litri) e la conseguente rovina dell’ecosistema delle acque e delle coste del Golfo del Messico. Per avere un metro di paragone, la fuoriuscita del Macondo è stata 16 volte superiore a quella della petroliera Exxon Valdez (che si arenò nel 1989 in Alaska) considerata uno dei peggiori disastri ambientali della storia.
Ieri, British Petroleum e il governo Usa hanno annunciato la conclusione delle operazioni di chiusura del pozzo, la cui falla è stata sigillata a 4 mila metri di profondità attraverso l’iniezione di cemento e altri materiali: scongiurata dunque la possibilità di nuove eventuali fuoriuscite, che avrebbero potuto aggravare la già di per sé disastrosa catastrofe ecologica causata dal petrolio perso in seguito all’esplosione della Deepwater Horizon (questo il nome della piattaforma semisommergibile di perforazione).
Il pozzo della Bp non è più una minaccia da diverse settimane (la fuoriuscita era stata fermata il 15 luglio scorso, dopo ripetuti quanto vani tentativi) ma le conseguenze di quanto accaduto si faranno sentire sull’ecosistema del Golfo del Messico per anni. Il presidente Barack Obama, commentando la chiusura definitiva della falla, ha sottolineato: “E’ stata vinta una tappa importante nella lotta contro la marea nera, tuttavia restiamo impegnati a fare tutto il possibile affinché le coste del Golfo si risollevino completamente dalla catastrofe”.
Conclusa l’emergenza, ora si passa al calcolo dei danni (ambientali ed economici) e all’accertamento delle responsabilità del disastro. Lo stato dell’Alabama ha annunciato che Bp si è rifiutata di riconoscere 148 milioni di dollari in perdite registrate dal governo statale, ma le indagini per accertare cosa abbia provocato l’incidente vanno avanti. Il colosso petrolifero inglese, che finora si è rifiutato di assumersi l’intera colpa dell’accaduto, nel suo primo rapporto sull’incidente dello scorso 20 aprile, ha inoltre sostenuto che: “La responsabilità è diffusa in quanto ci sono stati una serie di errori ad opera di diverse aziende e gruppi di lavoro”.
Bp sostiene inoltre di aver recuperato gran parte del petrolio o di averlo disperso tramite solventi chimici. Tra gli scienziati permane invece molto scetticismo, anche per la difficoltà di quantificare il petrolio presente a grandi profondità. Secondo le stime ufficiali, 800mila barili – circa 127 milioni di litri – sarebbero stati recuperati, mentre quasi tutto il petrolio rimanente sarebbe stato sciolto dai solventi chimici: ne sono stati versati 7 milioni di litri sulle chiazze di greggio.
New Orleans e il mondo intero possono dunque tirare un sospiro di sollievo: la marea nera è ormai alle spalle. Ma i suoi effetti disastrosi si faranno sentire per anni.
Lifegate.it: La cronistoria della marea nera
Lifegate.it: la storia e la classifica dei versamenti di petrolio in mare dal 1967 a oggi.
Lifegate.it: i nomi della aziende co-responsabili del disastro
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