Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Il campo profughi di Dunkerque. L’inferno nel cuore dell’Europa
Nel comune di Grande-Synthe, nel nord della Francia, migliaia di profughi vivono in condizioni disumane. Al gelo, nel fango. Tra loro centinaia di bambini.
“Per gli uomini, le donne e i bambini che sognavano una vita migliore in Europa, questa è la realtà”. Segue una carrellata di immagini di esseri umani silenziosi che si aggirano tra tende e baracche schiaffeggiate dal vento e dalla pioggia. Il fango fino alle caviglie. Buste di plastica per coprirsi. Un ragazzino che tenta di pedalare su una bici.
“Non crediamo ai nostri occhi”
La televisione americana Cnn ha portato le proprie telecamere in quella che viene definita “una palude che si stenta a credere possa esistere tra la Francia e la Gran Bretagna, due tra le nazioni più ricche del continente”. Eppure esiste. Come esiste il ghetto di Rignano Garganico, in Italia. Come esiste la “giungla di Calais”, proprio a pochi chilometri da Dunquerke. Stavolta siamo nel comune francese di Grande-Synthe, nella regione Nord-Pas de Calais-Picardie, in Francia, giusto ai margini della città portuale di Dunkerque.
Qui è sorto uno dei campi dove migliaia di profughi attendono di trovare il modo di raggiungere la loro meta: il Regno Unito. Tremila persone che si spartiscono un luogo invivibile, con solo ventiquattro docce e quarantaquattro bagni a disposizione. Con l’elettricità e l’acqua calda che vanno e vengono.
Tra i profughi anche 250 bambini
Secondo il quotidiano Le Monde, nella palude di Grande-Synthe vivono soprattutto profughi curdi. “Questo non è un campo, è una discarica a cielo aperto”, ha dichiarato Delphine Visentin, di Medici senza frontiere, che assieme ad altri dottori si reca quattro volte a settimana tra questa gente disperata e dimenticata. Distribuendo coperte, stivali, cibo. E tentando di circoscrivere i focolai di scabbia che affiorano a causa delle terribili condizioni igieniche del luogo.
“I bambini – racconta l’emittente statunitense – sono almeno 250. Mani è una di loro, ha sette anni ed è qui con la sua famiglia da nove mesi. La loro vita si tiene appesa alla speranza. Non sono nelle condizioni fisiche per affrontare un viaggio notturno, né possiedono i circa diecimila dollari che occorrerebbe pagare agli scafisti per attraversare la Manica. Perché ne hanno già spesi trentamila per arrivare in Francia dal Kurdistan iracheno”. E ritrovarsi a vivere in un inferno.
Immagine di apertura: un bambino nel campo profughi di Dunkerque ©Carl Court/Getty Images
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