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I conservatori canadesi, promotori di politiche giudicate catastrofiche per l’ambiente, potrebbero perdere il potere per la prima volta dal 2006.
Dopo un decennio ininterrotto al potere, in Canada i conservatori di Stephen Harper potrebbero perdere le prossime elezioni federali, previste per il 19 ottobre. Gli ultimi sondaggi, a pochi giorni dalla consultazione, indicano infatti il Partito liberale guidato da Justin Trudeau in testa nelle intenzioni di voto: per le politiche ambientali locali, ma anche per la questione climatica globale, potrebbe trattarsi di una svolta.
Negli ultimi anni, infatti, il Canada ha manifestato una scarsissima attenzione ai problemi legati all’ecologia: “Oggi il Paese è isolato a livello internazionale – ha spiegato all’agenzia Afp Karel Mayrand, esperto di ambiente della Fondation David Suzuki – e sta mancando l’appuntamento con la transizione verde. In un decennio abbiamo fatto parecchi passi indietro. Il governo ha permesso lo smantellamento di numerose regole, come quelle sulla protezione dei laghi e dei fiumi”. “Il risultato – gli ha fatto eco Stéphane Dion, ex ministro liberale dell’Ambiente – è che il Canada è considerato oggi dalla comunità internazionale come un cancro nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici”.
In effetti, da quando sono al potere (ovvero dal 2006), i conservatori di Harper hanno assunto una serie di decisioni ecologicamente catastrofiche. Nel 2011, ad esempio, il Paese si è ritirato dal Protocollo di Kyoto, ritenendo gli obiettivi che esso fissava non realistici. Inoltre, prosegue l’agenzia di stampa francese, “nel corso degli anni hanno eliminato numerose posizioni lavorative di scienziati” impegnati sulla questione ambientale. “Harper non crede alle spiegazioni che la scienza fornisce in tema di cambiamenti climatici, e pertanto non vede la necessità di agire”, ha accusato nel corso della campagna elettorale Thomas Mulcair, leader del Nuovo partito democratico (la sinistra canadese).
Soprattutto, i tre mandati dei conservatori hanno coinciso con un ampio sforzo, da parte del Canada, per lo sfruttamento del petrolio ricavato dalla sabbie bituminose, considerato dalle Ong ambientaliste di tutto il mondo come la fonte di energia fossile più inquinante in assoluto. L’industria impegnata nell’estrazione, concentrata nella provincia dell’Alberta, è responsabile infatti del 73 per cento della crescita delle emissioni di gas ad effetto serra registrata nel Paese nell’ultimo quarto di secolo.
Già, perché, anziché diminuire, in Canada le emissioni nocive sono aumentate dal 1990 ad oggi: secondo i calcoli di Greenpeace, continuando di questo passo i soli gruppi che sfruttano le sabbie bituminose emetteranno, nel 2020, un quantitativo di gas inquinanti pari a quello di un Paese di 10 milioni di abitanti come il Belgio.
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