Cosa è successo a Charlottesville, la tragedia del corteo razzista

È finita con una vittima, la dichiarazione dello stato di emergenza, feriti e arresti e una grande polemica nazionale la doppia manifestazione di Charlottesville, nello stato americano della Virginia. Una vera tragedia dei nostri tempi: non solo per la morte di una giovane, ma anche e soprattutto per il significato sociale e politico di quanto

È finita con una vittima, la dichiarazione dello stato di emergenza, feriti e arresti e una grande polemica nazionale la doppia manifestazione di Charlottesville, nello stato americano della Virginia. Una vera tragedia dei nostri tempi: non solo per la morte di una giovane, ma anche e soprattutto per il significato sociale e politico di quanto è accaduto.

A scendere in piazza per primi, il 12 agosto, erano stati i cosiddetti suprematisti bianchi, un gruppo di estrema destra dichiaratamente razzista e armato che al grido di “white lives matter” che protestava contro la rimozione della statua del generale Robert Lee, eroe dei sudisti ai tempi della Guerra Civile americana. Contemporaneamente, sempre a Charlottesville, andava in scena una contro-manifestazione antirazzista e a nulla è valsa la presenza di un migliaio di agenti a formare una sorta di cordone umano per evitare che i due cortei venissero a contatto.

La morte della giovane Heather

 

La tragedia si è configurata quando una vettura si è schiantata contro il corteo antirazzista, provocando diversi feriti e la morte di una ragazza, Heather Heyer, di 32 anni. Alla guida del mezzo c’era un ventenne, James Alex Fields Junior, che è stato arrestato: un atto premeditato, secondo la polizia locale, proprio per portare lo scompiglio tra i manifestanti. Fields Junior è un militante neonazista. Tra i primi a dare la triste notizia era stato il sindaco di Charlottesville in persona, Mike Signer, invitando alla calma: “Ho il cuore spezzato, una vita è andata persa. Chiedo alle persone di buona volontà di andare a casa”.

La reazione di Trump e le critiche

Ma anche una volta sciolte le manifestazioni, la tensione è rimasta altissima, almeno sotto forma di polemica verbale. La stampa e l’opinione pubblica americana più illuminata hanno rimarcato come da parte del presidente Usa Donald Trump non siano arrivate parole più forti di una generica “condanna di ogni tipo di violenza”, e sulle pagine del Wall Street Journal il premio Pulitzer Colbert King è arrivato a scrivere, rivolgendosi direttamente a Trump: “La gente che manifesta a Charlottesville è la tua gente, parla la tua lingua e vomita i tuoi sentimenti. Non far finta di non conoscerli. Uno di loro ha raggiunto la Casa Bianca”.  Meglio ha fatto la figlia, Ivanka Trump, che è stata subito decisamente più chiara: “Non c’è posto nella nostra società per il razzismo, il suprematismo bianco e i neo nazisti. Dobbiamo tutti riunirci come americani e essere un paese UNITO”. Ma per il momento non è bastato a dissipare le critiche verso il padre.

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