I ciclisti veloci vogliono dire addio alle piste ciclabili

In Italia il Codice della Strada prevede l’obbligo di utilizzo delle piste ciclabili laddove presenti nei pressi delle strade. Un obbligo che in alcuni contesti non viene affatto rispettato dai ciclisti. Le motivazioni che portano ad un simile atteggiamento sono varie. Innanzitutto ci sono delle piste ciclabili fatte male, scomode e con ostacoli che rallentano

In Italia il Codice della Strada prevede l’obbligo di utilizzo delle piste ciclabili laddove presenti nei pressi delle strade. Un obbligo che in alcuni contesti non viene affatto rispettato dai ciclisti. Le motivazioni che portano ad un simile atteggiamento sono varie. Innanzitutto ci sono delle piste ciclabili fatte male, scomode e con ostacoli che rallentano il viaggio. Chi ha fretta o lavora grazie alla bicicletta (un esempio su tutti: il corriere) può percepire le pista ciclabili più come un problema che come una risorsa. Soprattutto se non sono soggette a una buona manutenzione, si riempiono di sporcizia e detriti, vedono la presenza di pedoni che le usano come marciapiedi o la presenza di tanti ciclisti “tartaruga”.

 

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Il dibattito, nato intorno all’opportunità di mantenere l’obbligo di uso delle ciclabili, ha portato in Olanda a sperimentare l’uso delle corsie stradali per i ciclisti in grado di raggiungere i 30 km/h  anche qualora ci sia la presenza di una pista. Un esperimento che, se fosse reso permanente, aiuterebbe chi è veloce e ha bisogno di spostarsi in breve tempo ma anche chi va più piano e vuole pedalare in tranquillità. Senza contare la ormai diffusa presenza di bici elettriche che permette di raggiungere velocità considerevoli.

 

Secondo una ricerca dell’Osservatorio sulla sicurezza stradale del Regno Unito è difficile provare che le infrastrutture ciclabili riducano gli incidenti. La priorità, secondo questi studi,  andrebbe comunque data alla riduzione del traffico e della velocità delle automobili. Un punto di vista sostenuto anche dalle associazioni ciclabili, che da tempo chiedono questo tipo di interventi. A cominciare dalle “zone 30”, il limite a 30 km/h per le strade che non sono ad alto scorrimento, come si sono impegnate a realizzare le città di Bologna, Milano, Torino dopo gli Stati Generali della Mobilità Nuova.

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