
Nel suo primo anno di presidenza argentina Javier Milei ha introdotto pesanti tagli alla spesa pubblica, facendo impennare la povertà. Ora i pensionati guidano la protesta.
Il 24 aprile 2015 sono passati cento anni dalla strage del popolo armeno, forse il momento più controverso e oscuro della storia del Ventesimo secolo. Controverso perché tuttora oggetto di pesanti critiche e negazioni. Oscuro perché, a distanza di un secolo, non è ancora possibile sapere con certezza come questa tragedia sia avvenuta e quale sia
Il 24 aprile 2015 sono passati cento anni dalla strage del popolo armeno, forse il momento più controverso e oscuro della storia del Ventesimo secolo. Controverso perché tuttora oggetto di pesanti critiche e negazioni. Oscuro perché, a distanza di un secolo, non è ancora possibile sapere con certezza come questa tragedia sia avvenuta e quale sia la sua reale entità.
Un crimine immane commesso nel silenzio dell’allora comunità internazionale provata dalla ferocia della Prima guerra mondiale. Come se non bastasse, meno di trent’anni dopo, il genocida per antonomasia Adolf Hitler lo prese come stimolo ed esempio per mettere in pratica la propria follia. Nell’agosto 1939, poco prima di invadere la Polonia, per vincere le titubanze dei suoi collaboratori a proposito dei suoi piani di sterminio, Hitler disse loro espressamente “Chi si ricorda più del massacro degli armeni?”
La strage degli armeni fu attuata nell’allora impero Ottomano, dal movimento nazionalista dei “giovani turchi” il quale si pose come obiettivo politico la creazione di un’entità sovrana che inglobasse tutte le popolazioni di origini turche. L’enclave armena – presente in Anatolia orientale da più di 2000 anni – rappresentava un ostacolo che poteva essere superato solo con la sua eliminazione fisica. Tra il 1915 e il 1922, una cifra imprecisata che va da 800mila a 1,5 milioni di persone morirono in seguito a deportazioni e feroci violenze. I più “fortunati” per fame, malattie, privazioni.
Una ferita aperta che per essere chiusa ed elaborata ha bisogno di essere riconosciuta, soprattutto dal Paese i cui antenati sono stati direttamente responsabili: la Turchia.
In molti parlano apertamente di genocidio – papa Francesco ha detto di recente che “la nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del Ventesimo secolo; essa ha colpito il vostro popolo armeno” – perché la scomparsa di circa un milione di persone (le cifre ufficiali non sono note) non può essere definita altrimenti. Dopo le parole del Papa, il ministro degli Esteri turco ha anche convocato l’ambasciatore del Vaticano in Turchia per esprimere il disappunto del governo di Ankara.
Ad oggi solo una ventina di paesi, Italia compresa, hanno riconosciuto lo sterminio. L’ultimo in ordine di tempo è stata la Germania. Il presidente della Repubblica federale Joachim Gauck ha anche sottolineato il coinvolgimento delle forze armate tedesche nelle deportazioni degli armeni: “Anche noi tedeschi dobbiamo fare il nostro lavoro di memoria”.
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