Deforestazione, dati globali negativi nel 2023 ma Brasile e Colombia fanno sperare

Un nuovo rapporto di Wri e università del Maryland fa il punto sulla deforestazione. Miglioramenti in Brasile e Colombia, ma passi indietro altrove.

Nel 2023 abbiamo perso 3,7 milioni di ettari di foreste tropicali primarie milioni di ettari. Ovvero 37mila chilometri quadrati: una superficie non molto distante da quella della Svizzera. Il che significa che ad andare in fumo per colpa di incendi, o ad essere rasi al suolo dall’uomo, è stato l’equivalente di dieci campi di calcio al minuto. A spiegarlo è il nuovo rapporto annuale del World resources institute (Wri) e dell’università del Maryland, intitolato “Forest Pulse”.

“Brasile e Colombia insegnano che se c’è la volontà politica, si possono salvare le foreste”

Non sono dunque bastati i risultati positivi centrati da Brasile e Colombia, grazie alle politiche adottate dai due presidenti Luiz Inácio Lula da Silva e Gustavo Petro, che hanno promesso (e mantenuto) un’inversione di rotta rispetto agli anni passati, in particolare per quando riguarda la foresta amazzonica. Le due nazioni hanno registrato cali rispettivamente del 36 e del 49 per cento.

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Anche le attività minerarie devastano la foresta amazzonica © Alan Cgaves/Afp/Getty Images

“I dati mostrano che i governi possono ridurre il ritmo della scomparsa delle foreste tropicali, se c’è la volontà politica di farlo. L’esperienza del Brasile indica che ci possono essere notevoli progressi se cambia il vento”, ha osservato Rod Taylor, dirigente del Wri, facendo chiaramente riferimento al periodo della presidenza dell’ultra-conservatore Jair Bolsonaro.

Dati negativi in Bolivia, Laos, Nicaragua, Indonesia e Canada

A pesare negativamente sono stati però i dati di altre nazioni, come Bolivia (+27 per cento rispetto al 203), Laos (+47 per cento), Nicaragua (+4,2 per cento) e Indonesia (+27 per cento). Ma anche le perdite patite dal Canada: nella nazione nordamericana i mega-incendi hanno divorato immense distese di foreste.

E sebbene, complessivamente, la deforestazione a livello mondiale sia scesa del 9% nel 2023, rispetto al 2022, si è rimasti a livelli simili a quelli del 2019 e del 2021. Incompatibili con una tendenza sostenibile per gli ecosistemi, così come per contrastare i cambiamenti climatici dovuti alla concentrazione di CO2 nell’atmosfera.

Alla Cop26 di Glasgow il mondo si era impegnato sulla deforestazione

Eppure, nel 2021, nel corso della ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop26 di Glasgow, più di cento governi di tutto il mondo si erano impegnati a porre fine al processo di deforestazione entro il 2030. Un obiettivo che appare già molto difficile da raggiungere: “Il mondo ha fatto due passi in avanti, e poi due passi indietro”, si è rammaricata Mikaela Weisse, direttrice del Global forest watch presso il Wri.

Perfino nel Cerrado brasiliano (la savana tropicale nella quale sono presenti immensi campi di soia destinati all’alimentazione del bestiame) le perdite sono risultate in aumento, in controtendenza rispetto ai dati nazionali. Esattamente come nel Pantanal, la più grande zona umida tropicale del mondo, nella quale persistono da anni condizioni di siccità straordinarie, che alimentano gli incendi.

A preoccupare c’è anche la situazione della Repubblica Democratica del Congo, nella quale si è perso in un anno il 3 per cento della foresta primaria. Esattamente come nel caso delle nazioni che ospitano l’Amazzonia, anche la nazione africana ospita un immenso “polmone verde” della Terra. Il bacino del Congo rappresenta una delle aree più cruciali per il futuro del Pianeta. Eppure, di anno in anno le perdite continuano.

I limiti delle osservazioni satellitari

Va ricordato che i dati contenuti nel rapporto Forest Pulse non riguardano in realtà propriamente la deforestazione, bensì la “perdita di copertura forestale”. La differenza sta nel fatto che le valutazioni si basano sulle osservazioni satellitari, che però non possono spiegare se l’origine sia naturale o antropica. “Né possono indicare se si tratti di perdite permanenti o meno”, ha precisato Weisse.

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