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I megabassines sono enormi riserve d’acqua pensati per l’agricoltura nei mesi di siccità. Nonostante le ottime promesse, sono oggetto di proteste per il loro impatto ambientale.
Con le elezioni imminenti il Brasile è a un bivio: quale sarà il futuro dell’industria della carne? Tra deregolamentazione e sfruttamento.
Il 30 ottobre i cittadini brasiliani sono chiamati a votare per il ballottaggio tra Jair Bolsonaro, presidente uscente, e Luiz Inácio Lula da Silva, leader del Partito dei lavoratori e già capo di stato fra il 2003 e il 2010. Si tratta di una fase cruciale che comporta effetti a livello globale, coinvolgendo anche gli animali allevati. Con la sua politica di deforestazione e sostegno all’industria della carne, Bolsonaro è stato infatti finora responsabile di un peggioramento delle condizioni ambientali del Brasile e dello sfruttamento di milioni di animali. Dal 2019, anno in cui è entrato in carica, nel Paese sono state approvate una serie di misure per deregolamentare i settori dell’agricoltura e della silvicoltura e sono state indebolite le norme in vigore a tutela degli animali e dell’ambiente.
Dall’altra parte, Lula, il candidato di sinistra, si è dimostrato più orientato a favorire politiche a tutela di animali e ambiente. All’inizio del 2022 il leader ha convocato rappresentanti di diverse organizzazioni per la protezione degli animali – tra cui la direttrice esecutiva di Animal Equality in Brasile, Carla Lettieri – e specialisti del settore per discutere proposte concrete con l’obiettivo di proteggere gli animali negli allevamenti intensivi.
Di recente, il governo brasiliano ha anche proposto di abolire i controlli nei macelli statali, portando avanti una proposta di riforma allarmante per gli animali. Se approvata, questa legge porrà infatti fine alle ispezioni governative all’interno dei macelli e lascerà all’industria della carne brasiliana la possibilità di controllarsi da sola. Si calcola che l’approvazione di questa legge metterà oltre sei miliardi di animali in grave pericolo, rendendoli più esposti ad abusi e crudeltà all’interno dei macelli. Come se non bastasse, questa proposta di legge comporta anche gravi rischi per l’ambiente e la salute pubblica.
Deregolamentazione significa di fatto meno controlli sugli animali allevati e destinati al macello, che rischiano così di essere ancor più sottoposti alle frequenti e brutali violenze che precedono la macellazione. Ma non solo. La proposta di autogestione dei macelli aumenta le probabilità che gli standard già carenti sull’igiene all’interno degli impianti non vengano rispettati: come Animal Equality ha documentato, all’interno di diversi macelli brasiliani certificati avvengono regolarmente violazioni delle norme sul benessere animale e delle regole sanitarie.
La produzione di carne brasiliana si fonda anche sul land grabbing selvaggio e sulla deforestazione di luoghi come l’Amazzonia, il Pantanal e il Cerrado, con gravi danni per la biodiversità e le comunità locali. Secondo il report di Greenpeace Dangerous man, dangerous deals, da quando Bolsonaro è in carica la deforestazione amazzonica è aumentata del 75,6 per cento, gli allarmi per gli incendi forestali sono cresciuti del 24 per cento e le emissioni di gas serra del 9,5 per cento. Quasi la totalità di questa deforestazione, inoltre, avviene in maniera illegale. Fermare l’impatto devastante che le politiche predatorie del governo brasiliano producono è una necessità urgente che dipende anche dai suoi partner commerciali. Se il Brasile esporta il 30 per cento della soia e il 15 per cento della carne bovina mondiali, la responsabilità è in buona parte dei suoi clienti internazionali. Per esempio, nonostante la condanna dell’Unione europea, la produzione illegale di carne bovina in Brasile continua ancora oggi ad essere pesantemente sovvenzionata con denaro pubblico, alimentando la distruzione irreversibile di territori essenziali per la sopravvivenza del Pianeta, nonché il trasporto illegale e la macellazione di milioni di animali.
L’industria agricola e zootecnica ha un ruolo preponderante nell’economia brasiliana, Lula lo sa bene. Per questo anche in caso di una sua vittoria su Bolsonaro, la strada da percorrere per contrastare lo sfruttamento estremo di terreni e animali non sarebbe priva di insidie.
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