
Secondo quanto osservato da ricercatori statunitensi, la dieta mediterranea ha del potenziale per contrastare i disturbi della sindrome dell’intestino irritabile.
Secondo una ricerca dell’Università di Tor Vergata, la dieta biologica mediterranea aumenta i batteri buoni nell’intestino e diminuisce quelli cattivi.
Quanto influisce sulla salute un’alimentazione con prodotti biologici rispetto a una con alimenti convenzionali? Lo studio Imod (Italian mediterranean organic diet) dell’Università di Tor Vergata si è posto l’obiettivo di rispondere a questa domanda scoprendo che la dieta biologica mediterranea porta benefici al nostro microbiota intestinale.
Lo studio è uno dei più completi, a livello internazionale, per l’ampiezza dei dati raccolti. Per un mese 15 volontari sono passati da una dieta “fai da te” a una mediterranea 100 per cento biologico. Prima e dopo, i ricercatori, utilizzando tecnologie avanzate come il sequenziamento del Dna, hanno esaminato la composizione del microbiota intestinale (la varietà e la qualità dei microrganismi che abitano nel nostro apparato digerente), la composizione corporea e la riduzione dello stress ossidativo.
Secondo i risultati, grazie alla dieta biologica mediterranea, negli organismi dei volontari le famiglie di batteri antiossidanti – i batteri buoni per la salute – sono aumentate anche del 25 per cento dopo la dieta, rispetto allo stato iniziale. Allo stesso tempo, le associazioni di batteri pro-ossidanti si sono ridotte fino al 50 per cento sul campione.
“Registriamo un beneficio e quindi un sistema batterico che sta lavorando come immuno-modulante spegnendo l’infiammazione”, ha spiegato Laura Di Renzo, professoressa dell’università di Tor Vergata. “Questi processi infiammatori sistemici di basso grado per lungo tempo portano allo sviluppo di malattie croniche degenerative che vanno dall’obesità, al diabete, alla malattia cardiovascolare. Poter ridurre nel tempo e per tanto tempo questo grado basso di infiammazione costante fa sì che si riducano i rischi di sviluppare la malattia“.
Sono emersi risultati positivi anche nella qualità dei grassi assunti nella dieta biologica mediterranea, con un calo consistente del rischio cardiocircolatorio. A esprimere questi valori sono il cosiddetto indice di aterogenicità che si è quasi dimezzato (da 0,29 a 0,16) e quello di trombogenicità, più che dimezzato (da 0,42 a 0,20). Anche la capacità antiossidante del corpo, fondamentale per contrastare l’invecchiamento cellulare, è quasi quadruplicata, passando da 5.870 a 20.573 unità ORAC, l’unità di misura della capacità di assorbimento dei radicali liberi.
Lo studio ha analizzato anche i benefici ambientali: nel solo mese della dieta, l’impronta idrica è scesa da 64.475 litri a 44.705 litri per persona, con un risparmio di circa 20mila litri. Per fare un paragone, si tratta dell’acqua necessaria per fare più di 250 docce. Anche l’impronta carbonica si è ridotta, passando da 40,25 a 38,13 kg di CO₂ equivalenti: la stessa quantità di emissioni prodotta dal funzionamento medio mensile di un forno elettrico.
Lo studio, che rientra nel progetto MOOD (Modello di progettazione della rete dei sistemi di sicurezza alimentare, qualità nutrizionale e nutrigenomica della Dieta mediterranea per la difesa della salute in Italia), a cura dell’Università di Tor Vergata e finanziato da Ministero della Salute e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, è diventato anche una campagna, Il bio dentro di noi, per dimostrare la salubrità della dieta mediterranea biologica. A collaborare alla comunicazione e alla diffusione dei risultati, tre organizzazioni del biologico: FederBio, AssoBio e Consorzio Il Biologico.
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