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Cresce la percentuale di donne con formazione tecnico-scientifica, ma i ruoli apicali sono ancora appannaggio degli uomini all’interno delle organizzazioni e imprese dei settori dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili e delle tecnologie low-carbon.
Negli ultimi anni è aumentata la presenza di lavoratrici femminili nel mondo dell’energia, ma il livello resta ancora troppo basso, soprattutto a livello manageriale e tecnico.
L’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha recentemente sottoscritto un accordo di collaborazione per rafforzare la presenza e il ruolo delle donne nei settori dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili e delle tecnologie low-carbon.
L’accordo, “Clean Energy Education and Empowerment” è stato siglato oltre da Enea in rappresentanza dell’Italia, anche dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, dal Canada, la Finlandia e la Svezia. L’obiettivo è quello di stimolare la presenza attiva delle donne nel processo di transizione energetica e riserva ad Enea il ruolo principale nella task force di raccolta dati e formulazione di indicatori per individuare le barriere che ostacolano le donne nell’accesso e nella progressione di carriera.
I primi dati rilevati ed elaborati da Enea descrivono la situazione non particolarmente rosea. Dal punto di vista imprenditoriale, Enea rileva una crescita della rappresentatività femminile nelle imprese della filiera dell’energia dovuta in particolare allo stimolo che la Legge 120 sulle “quote rosa” ha portato a partire dal 2011. Nelle società quotate in borsa, l’obbligo di avere un Consiglio di Amministrazione composto per almeno un terzo da donne ha fatto sì che in dieci anni la presenza delle donne sia passata dal 5 per cento del 2007 al 30,9 del 2017. Negli organi di amministrazione e controllo delle principali società attive nel settore produttivo e di distribuzione dell’energia, le donne presidente sono il 43 per cento ma nessuna ricopre il ruolo di amministratore unico.
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Guardando dentro alle associazioni imprenditoriali che operano nell’energia, nel settore industriale non ci sono donne che rivestono il ruolo di presidentee sono solo 19 su cento quelle che occupano posizioni di vertice a vario titolo, quota che si abbassa al 9 per cento se si guarda esclusivamente al management. Situazione abbastanza simile anche nel settore della ricerca pubblica in campo energetico. Neanche in questo caso si trovano presidenti donne, per le altre posizioni apicali si raggiunge il 25 per cento, mentre nei Consigli di Amministrazione le donne arrivano al 16 per cento, mentre nel management – direzioni di dipartimento, i laboratori e le unità speciali – le quote rosa coprono circa il 22 per cento delle posizioni di responsabilità.
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La bassa presenza femminile nelle posizioni chiave all’interno del settore energetico stupisce ancora di più quando si guarda la preparazione che spesso per le donne è più elevata dei maschi. “I dati finora rilevati – spiega Tania Giuffrida dell’Enea – non sono in linea con quelli sulla formazione universitaria, che dovrebbe essere alla base del percorso di carriera. In Italia, infatti, nel 2014 la percentuale di donne laureate nei settori tecnico-scientifici (Stem) era pari al 53 per cento, contro il 58 per cento totale delle lauree”.
Le ragazze tendono a raggiungere un elevato grado di formazione e sarà interessante monitorare negli anni quale effetto avrà, considerando anche che a livello mondiale l’occupazione femminile nella green economy è maggiore nei settori amministrativo e gestionale con il 46 e il 32 per cento della forza lavoro, mentre risulta ancora bassa in ambito tecnico attestandosi al 28 per cento.
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