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I capperi sono uno degli ingredienti chiave della dieta mediterranea. Tutto quello che c’è da sapere sulla pianta del cappero, la sua coltivazione, la raccolta e gli usi.
Il cappero (Capparis spinosa), dall’arabo Kabar, è una pianta perenne che vive tra i muri a secco appartenente alla famiglia delle Capparidaceae e al genere Capparis. Ha foglie tonde e raffinati fiori appariscenti e odorosi dai petali bianchi con gli stami violacei. Il boccio è la parte che viene raccolta e poi smerciata.
Del cappero parlano i due celebri medici Dioscoride e Galeno che, secondo l’antica sapienza, indicavano la pianta come energico diuretico, ottima contro il mal di denti, e persino contro le durezze della milza e i vermini dell’orecchio. I farmacologi moderni, tuttavia, non si curano più di indagare sulle sue virtù. La letteratura officinale invece se ne interessa ancora, presentando la pianta come tonica, stimolante e aperitiva. Qualche medico ha riconosciuto al cappero proprietà digestive, tanto da rivendicare le qualità medicinali del vino di cappero, che si prepara facendo macerare a lungo 60 g di scorza in 2 litri di buon vino rosso: se ne prende un bicchierino da liquore prima o dopo i pasti. Dalla corteccia che riveste la radice, invece, si ricava un decotto dal gusto amaro dalle proprietà diuretiche, astringenti e toniche. Una curiosità è che in veterinaria il cappero è un buon vermifugo per cavalli.
I capperi amano il caldo per crescere, l’aria asciutta, il terreno pietroso. La varietà selvatica più diffusa (Capparis spinosa), infatti, cresce su rocce vulcaniche anche se povere di calcare e riesce a vivere in condizioni di limitatissima disponibilità d’acqua. Le radici penetrano i muri a secco in profondità, mantenendosi fresche. Formiche e lucertole, inconsapevoli, avvicinandosi ai frutti maturi spaccati, ne spargono i semi nelle crepe dei muri o tra le pietre di vecchi muretti a secco. Quando, a maggio, i boccioli floreali iniziano a essere pronti, pieni e tondi, vengono raccolti a mano: sono piccoli fiori non ancora sbocciati, colti entro i cinque giorni di vita, con tutto l’aroma ancora racchiuso all’interno.
I capperi più pregiati d’Italia sono i piccoli della varietà Nocellara dell’isola di Pantelleria, gli unici a fregiarsi del marchio di qualità Igp, Indicazione geografica protetta. Commercializzati anche in aceto, è sotto sale che conservano inalterato il loro sapore, gradevolmente amaro e piccante. In gastronomia, sono apprezzati anche i frutti di cappero, come stuzzichini negli aperitivi: oblunghi, sodi e pieni di semi scuri, i “cucungiu” (in pantesco) si trovano conservati con tutto il picciolo, che non va mangiato ma serve per afferrarli.
La coltura rappresenta una risorsa di prim’ordine per molti contadini eoliani che li vendono all’ingrosso o al dettaglio. Il prodotto proviene dalla vegetazione spontanea, in alcuni casi da coltura biologica. L’attecchimento non è facile. Il seme arriva nei crepacci con le formiche, e deve trovare un posto adatto per germogliare: l’umidità è necessaria alla crescita della radice.
Per tentarne la coltivazione, si può ricorrere ai semenzai in vasi o cassette, da sistemare a distanza dal suolo e a ridosso di muri pieni di sabbia mescolata a calcinaccio polverizzato, e a terriccio vegetale maturo. Nel fondo, si distribuisce uno strato notevole di cocci frantumati o ghiaia. Si inumidiscono i semi in acqua per 24 ore, e si interrano a 2 o 3 cm di profondità. Una leggera annaffiatura completerà l’opera. I semenzai restano al coperto (vanno soprattutto protetti dalle piogge), sino a quando le piantine non avranno attecchito. Si semina preferibilmente in primavera inoltrata, e nel Mezzogiorno in autunno. Un cappereto, in buone condizioni di produttività, può durare trent’anni e più. La raccolta migliora di anno in anno. Chi desidera produrre capperi per uso domestico, non trovando condizioni idonee di clima e terreno, può ricorrere alla coltura in un vaso di circa 50 centimetri riparato dal freddo: si può esporre al sole e coprire la terra con paglia. I fiori nascono su rametti di un anno. La conservazione dei capperi è affidata al sale (resistono per anni), dopo l’appassimento per un giorno all’ombra.
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