In piena corsa agli armamenti, c’è chi si batte per il disarmo nucleare

Dal 21 al 23 giugno si tiene a Vienna la prima conferenza degli stati che hanno ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari.

Il 7 luglio 2017 le Nazioni Unite hanno adottato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, noto con la sigla Tpnw. Per l’entrata in vigore, tuttavia, è stato necessario attendere il 22 gennaio del 2021, quando è stata raggiunta la quota minima di ratifiche da parte di 50 stati. Quattro anni di attesa, dunque, ma che per una volta sono dipesi dalla bontà del documento: il Tpnw è particolarmente avanzato, poiché punta a rendere le testate nucleari, di fatto, illegali.

Cos’è il Trattato per la proibizione delle armi nucleari

Secondo il trattato, tali ordigni non dovrebbero essere più contemplati in alcun modo: ne dovrebbe essere non solo vietato l’uso, ma anche la sola minaccia di impiego dovrebbe venire impedita, così come ogni tipo di finanziamento per la loro fabbricazione e il loro sviluppo. Inoltre, vengono introdotti nuovi obblighi, a partire da quello di fornire assistenza alle vittime, fino alla bonifica delle aree nelle quali vengono effettuati test atomici.

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Una manifestazione dell’Ican (la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari) tenuta davanti alle ambasciate nordcoreane e statunitensi © Omer Messinger/Getty Images

In questo senso, il Tpnw completa e conferma quanto contenuto nel Trattato di non proliferazione nucleare del 1968 e nel Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari del 1996. Ma soprattutto ha permesso di rilanciare il dibattito internazionale sulla necessità di riprendere il cammino verso un completo disarmo nucleare. Un lavoro che si annuncia lungo e complesso, poiché l’insieme delle nazioni che possiedono testate nucleari – Russia, Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina, Pakistan, Israele, Corea del Nord e India – si sono opposte in blocco al documento. Rifiutando perfino di partecipare ai negoziati condotto sotto l’egida delle Nazioni Unite nel 2017.

“L’esistenza delle armi nucleari non impedisce la guerra”

La prima riunione degli stati che hanno aderito si terrà dal 21 al 23 giugno a Vienna. “L’appuntamento – ha spiegato la Rete italiana pace e disarmo – avrà luogo sulla scia dell’invasione russa dell’Ucraina e delle minacce di usare armi nucleari, in un momento in cui il mondo si sta svegliando da una fantasia trentennale in cui i nove stati che possiedono armi nucleari e i loro alleati hanno convinto le persone che tali ordigni potessero esistere senza mai essere usati. La vicenda ucraina ha reso chiaro che le armi nucleari non impediscono la guerra”.

Da parte sua, la direttrice esecutiva dell’organizzazione svizzera International campaign to abolish nuclear weapons (Ican), Beatrice Fihn, ha sottolineato l’importanza della conferenza: “In un momento in cui un uomo sta usando le armi nucleari per ricattare il mondo mentre commette crimini di guerra, Vienna sarà il momento in cui si risponderà creando un piano globale di disarmo nucleare”.

Un’iniziativa in totale controtendenza con gli investimenti nel settore, che non fanno altro che crescere: nel 2020 il denaro finito allo sviluppo di armi nucleari è stato nelle nove nazioni “atomiche” pari a 72,6 miliardi di dollari. In aumento di 1,4 miliardi rispetto all’anno precedente. Parliamo di qualcosa come più di 137mila dollari al minuto.

Una manifestazione contro le testate nucleari negli Stati Uniti nel 2016
Una manifestazione contro le testate nucleari negli Stati Uniti nel 2016 © Win McNamee/Getty Images

Il ruolo della finanza nel processo di disarmo globale

Per ottenere tale obiettivo, fondamentale sarà anche passare dal mondo della finanza, azzerando i flussi di denaro su cui ancora oggi può contare l’industria bellica. A partire anche dagli investimenti di ciascuno di noi. È possibile infatti scegliere di investire i propri risparmi con la certezza che neppure un euro finisca alle aziende che producono testate nucleari. La società di gestione del risparmio Etica Sgr, ad esempio, da sempre rifiuta totalmente tale tipologia di investimenti.

“Disarmare – spiega il direttore generale Luca Mattiazzi – è per noi un tema importantissimo, direi identitario. I nostri fondi comuni dicono ‘no’ a qualsiasi produttore di armi fin da quando sono stati istituiti, nel 2003. Con il nostro approccio etico alla finanza contribuiamo a far vivere concretamente uno dei principi fondamentali della Costituzione, sancito dall’articolo 11, secondo il quale ‘L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali’”.

L’esempio virtuoso di Etica Sgr

Concretamente, i fondi d’investimento proposti da Etica Sgr escludono dai propri portafogli tutte le società il cui fatturato derivi dalla produzioni di armi convenzionali e non, di loro componenti, così come di altri prodotti o servizi destinati ad uso militare. Non a caso, nel rapporto “Don’t bank on the bomb” (“Non investire nella bomba”, in italiano) Etica Sgr figura nella “Hall of fame”, ovvero nella lista virtuosa di chi non investe nulla nel settore nucleare.

La società di gestione del risparmio, inoltre, collabora con la stessa Ican. E a partire dal 2021 ha supportato la mobilitazione “Italia, ripensaci”, promossa da Senzatomica e dalla Rete italiana pace e disarmo. A partire dal 19 giugno, inoltre, parteciperò a una due giorni organizzata proprio da Ican, che riunisce esperti di innovazione sociale, studiosi e scienziati. In particolare, Etica Sgr sarà coinvolta in una tavola rotonda sulla capacità di chi si occupa di risparmio gestito di incidere sul processo di disarmo nucleare. Quindi interverrà anche alla conferenza delle parti del Tpnw, in qualità di membro della delegazione Ican. In quest’occasione la società interverrà al meeting leggendo un investor statement, che sarà proposto per la sottoscrizione agli investitori internazionali tramite i principali network di cui Etica Sgr fa parte, tra cui Shareholders for Change, Pri, Iccr e, in Italia, il Forum per la finanza sostenibile.

Etica Sgr, inoltre, sarà l’unica società di gestione del risparmio italiana presente a Vienna e i suoi rappresentanti saranno tra gli speaker alla tavola rotonda che avrà luogo durante il Forum Ican che si terrà nei giorni precedenti, incentrata sul potere delle case di gestione del risparmio per disarmare i Paesi e orientare gli investimenti verso attività sostenibili e a impatto sociale positivo.

Perché è necessario impegnarsi per il disarmo

Il tutto, appunto, in un contesto di escalation militare in piena Europa, di fronte al quale chi fa finanza etica ha le idee chiare: “Il nesso tra sviluppo economico e sociale e un cessate il fuoco globale è ben illustrato nell’Agenda per il disarmo, il piano delle Nazioni Unite per la sicurezza integrale. L’Agenda mostra come la proliferazione delle armi, anche in Paesi che non sono in guerra, impatti negativamente su tutte le sfere della vita umana compromettendo la realizzazione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nel programma d’azione per le persone, il Pianeta e la prosperità sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu”.

In questo senso, proprio ora è quantomai necessario impegnarsi per contrastare la nuova corsa al riarmo, anche nucleare, che sembra coinvolgere la quasi totalità dei paesi occidentali.

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