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Un miliardo di persone nel mondo è minacciato dall’avanzare della desertificazione e dal degrado del suolo. Ripristinare gli ecosistemi è essenziale per il nostro futuro, e possibile come dimostrano queste storie di successo.
Molto tempo prima che si cominciasse a parlare di cambiamenti climatici, di tempeste di sabbia e polvere e di desertificazione, in Danimarca molte aree coltivabili e persino interi villaggi erano spariti sotto l’avanzare delle dune costiere verso l’entroterra. Per fronteggiare il problema, già nel 1539, il re vietò il disboscamento e la rimozione di altra vegetazione nonostante la necessità di costruire case, raccogliere legna, far pascolare gli animali e produrre alimenti. Questo conflitto tra l’uso e la conservazione delle risorse naturali è un primo accenno di quello che si sarebbe presentato secoli dopo in molte altre regioni del mondo.
Nel 1800 la Danimarca promosse un programma di riforestazione per stabilizzare le dune di sabbia e promuovere l’equilibrio tra le necessità della popolazione e la perdita di vegetazione e di terreno fertile. Questa esperienza rappresenta uno dei primi esempi dei risultati che si possono ottenere conciliando le esigenze della popolazione e delle amministrazioni per mantenere verdi e fertili i terreni a rischio di desertificazione.
Molti di quegli alberi in Danimarca sono ancora in piedi. Tuttavia, in gran parte del mondo le terre aride e semi-aride continuano a deteriorarsi a un ritmo allarmante, innescando un circolo vizioso per cui la perdita di boschi e di altre specie vegetali è al tempo stesso fattore e conseguenza dei cambiamenti climatici.
Il sostentamento di 1 miliardo di persone in oltre 100 paesi è messo a rischio dall’avanzare della desertificazione e dal degrado del suolo. I dati delle Nazioni Unite indicano che, a causa della siccità, ogni anno nel mondo si perdono 12 milioni di ettari di terre coltivabili e che le conseguenze economiche della desertificazione e del degrado del suolo raggiungono i 490 miliardi di dollari l’anno. L’unico modo per uscire da questa situazione è invertire la tendenza.
Gli sforzi per raggiungere questo obiettivo su scala globale sono iniziati venticinque anni fa, il 17 giugno 1994, quando i paesi del mondo si sono riuniti per fondare la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione. Ogni anno il 17 giugno la comunità internazionale celebra la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità per ricordare a tutti la necessità di risolvere questo problema. Quest’anno lo slogan è “Costruiamo il futuro insieme”.
Ma come trovare soluzioni concrete per rispondere alla necessità di mantenere terre sane e produttive di fronte alla crescita della popolazione mondiale e della domanda di cibo, combustibile ed acqua? In risposta a questo interrogativo, oltre 80 paesi si sono prefissati obiettivi nazionali per promuovere la “neutralità della degradazione della terra (Ldn, Land degradation neutrality)” – mentre altri 40 paesi si sono impegnati a farlo a breve.
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La comunità internazionale ha proclamato il decennio 2021-2030 come il decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi con l’obiettivo di prevenire, arrestare e invertire il degrado degli ecosistemi a livello globale e migliorare l’informazione su questo tema.
In tutto il mondo, decisioni politiche e diplomatiche come questa si stanno convertendo in azioni quotidiane che puntano a formare gli agricoltori all’impiego di pratiche più sostenibili per la corretta gestione del suolo ed al ripristino della copertura vegetale con piante giovani, talee e semi.
In questo impegno è fondamentale il coinvolgimento delle persone che dipendono direttamente dalle risorse forestali e delle terre aride per le necessità primarie, trattandosi in gran parte di popolazioni povere e prive della disponibilità economica per investire in pratiche sostenibili. Su questo principio si fonda il programma Azione contro la desertificazione (Aad, Action against desertification) che promuove la gestione sostenibile delle terre e il ripristino delle terre aride e degradate in Africa, nei Caraibi e nel Pacifico.
Nel giro di pochi anni, grazie a questa iniziativa, si sono riabilitati 53mila ettari di terre degradate utilizzando tecnologie innovative e conoscenze locali, e piantando circa 8 milioni di piantine con la partecipazione di 700mila persone di comunità locali a basso reddito, con l’obiettivo di migliorare la loro capacità di resistenza agli effetti negativi del degrado del suolo e della desertificazione.
L’Aad è attualmente in atto in nove paesi africani, nelle isole Fiji ed a Haiti, sotto la guida dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) e con l’appoggio finanziario dell’Unione europea e della Turchia. Questo impegno basato sul coinvolgimento della comunità intera è un ottimo esempio di ciò che si può e si deve fare, su scala molto più ampia, per assicurare il futuro sostenibile di cui tutti abbiamo bisogno.
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