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Un centro per il recupero e la cura delle tartarughe marine sta per aprire con l’inizio dell’estate a Favignana, isole Egadi, di fronte a Trapani.
Quella delle Egadi è la più grande area marina protetta d’Europa, nel punto in cui si incontrano tre correnti marine, quella che scende dal Tirreno verso sud, quella che arriva dritta da Gibilterra e quella del Mediterraneo del sud. Un grande ricambio d’acqua, quindi, sempre cristallina, tendenzialmente fredda, e una prateria di posidonia di 7.700 ettari. Condizioni ideali per gli animali marini, di moltissime specie, che qui vivono o transitano. Tra questi c’è la tartaruga marina, quella mediterranea è la caretta caretta, dalla forma tondeggiante, e che arriva in media a pesare 110 kg.
In un’area così grande, e incuneata nella zona di pesca delle importanti marinerie di Trapani e Mazara del Vallo, succede che a volte arrivino ad essere anche tre al giorno le tartarughe che si impigliano nelle reti, spesso ferendosi, e che i pescatori fortunatamente segnalano all’Area Marina Protetta. Finora però gli operatori e i volontari potevano solo recuperare l’animale per poi portarlo al centro di soccorso di Linosa (tra Lampedusa e Malta), a diverse ore di navigazione.
Ora l’ospedale delle tartarughe è pronto proprio al centro dell’arcipelago delle Egadi, nel porto di Favignana, nelle fresche e asciutte cantine di palazzo Florio. Ad animarlo tanti giovani egadini e, fra loro, biologi e veterinari esperti e appassionati.
Se Favignana è in buona parte pianeggiante, relativamente abitata (4.225 residenti), collegata a Trapani con quaranta minuti d’aliscafo, Marettimo è invece davvero isola nel senso più pieno, a un’ulteriore ora di navigazione da Favignana, da cui è separata da un canyon sottomarino profondo mille metri. È una montagna che si erge ripidissima dalle acque fino ad arrivare a settecento metri d’altitudine. Il piccolo spazio pianeggiante è occupato dal paesino attorno al porto. Pochi km più a nord, in una posizione talmente scenografica da sembrare finta, si erge il castello di Punta Troia. Antico carcere borbonico, per arrivarci la via migliore è via mare, per poi inerpicarsi per un lungo tratto a piedi, in un panorama unico. Da lassù, a strapiombo sul mare, con le acque così trasparenti, è possibile vedere passare delfini, tonni, anche capodogli, stando semplicemente seduti in terrazza, ad occhio nudo.
È proprio qui che l’Area Marina Protetta ha installato l’osservatorio per l’animale simbolo delle Egadi. Quello meno visto ma più ricercato, la foca monaca, la specie protetta più importante del Mediterraneo (si stimano 3/400 esemplari al mondo). E pensare che fino alla metà del secolo scorso veniva ucciso perché era in competizione coi pescatori, e perché il suo grasso era prezioso per l’austera economia insulare.
Quasi una chimera, date le poche persone che sono riuscite a vederla, ma la foca monaca c’è, lo provano le foto trappole piazzate nell’arcipelago. E storicamente i suoi rifugi sono proprio le spettacolari grotte sotto Punta Troia.
Da lassù operatori e volontari si alternano a scrutare le acque per censire i passaggi di animali.
Tutto questo, centro per le tartarughe e osservatorio di Punta Troia, naturalmente ha un costo. A sostenerlo finanziariamente c’è anche Rio Mare, che ha scelto quest’area per lo storico legame con la pesca del tonno, che qui ancora si pratica sotto regole stringenti, mentre le catture di Rio Mare avvengono in tutto il mondo, anche in questo caso sotto controllo volontario, e non su tonno rosso.
Claudio Vigolo
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