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La smart city, la smart mobility e la crescente alfabetizzazione digitale. Il Festival della Crescita comincia il suo viaggio da Milano, dove dedica una giornata di incontri e testimonianze al futuro della città e alla mobilità.
Prossima tappa il 5 aprile a Foggia, al Teatro Giordano, con una serie di incontri dedicati ai valori del territorio, l’impresa del talento e alle nuove professioni. Un viaggio, quello del Festival della Crescita, che è partito da Milano con un’intera giornata dedicata alla smart city e alla smart mobility. Una giornata ricca di testimonianze, dialoghi e racconti di protagonisti di settori diversi, con uno sguardo dedicato al futuro delle città, al ruolo dell’innovazione e all’educazione digitale.
Inserito nel ricco palinsesto della Milano Digital Week, la più grande manifestazione italiana dedicata all’educazione, alla cultura e all’innovazione digitale quest’anno dedicata al tema dell’intelligenza urbana (oltre cinquecento gli eventi diffusi sul territorio e rivolti a tutti i cittadini), il Festival della crescita è stato l’occasione per un grande racconto collettivo, fatto di esperienze e progetti in divenire, esempi virtuosi di trasformazione e nuove opportunità. L’obiettivo? Comprendere come l’innovazione sta cambiando il nostro modo di vivere, muoverci, lavorare, interagire e come può contribuire sempre di più a migliorare il nostro quotidiano, la qualità della vita e il futuro stesso della città.
Nell’ambito della mostra Smart City: People, technology and materials, ideata e organizzata da Material Connexion Italia e curata dall’architetto Giulio Ceppi, la giornata organizzata dal Festival della crescita ha puntato i riflettori sulla smart city, intesa nella sua accezione più ampia e contemporanea, quella cioè che coinvolge sempre più pubblico e privato. Quella che racconta di una cittadinanza sempre più proattiva e sensibile. Una smart city sempre più legata alla smart mobility, dove auto, dati, risorse, infrastrutture e cittadini sono sempre più connessi, con l’obiettivo di migliorare la vivibilità di tutti. E dove il progressivo passaggio fra proprietà e utilizzo, l’innovazione dei mezzi di trasporto e dei servizi di mobilità, la leggerezza e la condivisione, sono sempre più temi cari alle persone.
Per fare un punto proprio sulla mobilità, al termine del suo intervento abbiamo incontrato Grégoire Chové, direttore generale di Arval Italia, leader di mercato per il noleggio con oltre 200mila auto utilizzate da imprese e privati. Con lui, abbiamo fatto il punto sulla crescente fiducia nel futuro dell’auto elettrica e ibrida, sulla “resilienza” del diesel e sulla crescente consapevolezza della necessità di investire di più sulla sicurezza.
I fleet manager hanno una crescente fiducia nel futuro dell’auto elettrica e ibrida, ma attualmente questa tipologia di veicoli fatica a entrare nei parchi auto aziendali, quali sono le vostre strategie volte a incentivare scelte più virtuose in tema di mobilità aziendale? Perché la richiesta del diesel – malgrado scandali e crescenti limitazioni – si mantiene ancora alta?
Quello che osserviamo è un interesse crescente per le motorizzazioni alternative al diesel, anche metano e Gpl, soluzioni che in certi contesti in Italia possono essere ancora interessanti. Le aziende, nonostante le politiche che in Arval incentivano la scelta di un veicolo più ecologico, specie per percorrenze sotto i 15-20 mila chilometri anno, spesso con un Tco (il costo gestionale complessivo di un’auto, ndr) più competitivo, continuano a privilegiare il diesel. Il passaggio culturale a volte non basta e anche le misure restrittive sul traffico adottate in alcune città non sembrano avere un effetto significativo sui comportamenti di acquisto. Anche le recenti disposizioni fiscali non aiutano, anzi remano contro. In tema di alimentazioni alternative la leva economica è ancora una discriminante importante, specie per chi percorre molti chilometri l’anno. Serve più cultura, soprattutto nelle aziende dove la consapevolezza su temi come emissioni e impatto ambientale crescono, ma spesso sono ancora temi legati all’immagine e alla CSR.
Al Festival della crescita si è parlato molto di digitalizzazione, efficienza e qualità, quali fra queste rappresenta la sfida più rilevante per le flotte e con quali risvolti?
La qualità sicuramente. Pensi alla reportistica, alla fatturazione, a qualunque tipo di interazione, se non c’è qualità si perde anche l’efficienza. Qualità insieme all’affidabilità. Per chi si occupa di noleggio, la qualità incide sulla riparazione di un’auto, su un tagliando, sul soccorso stradale. La digitalizzazione è uno strumento importante per accedere più velocemente e facilmente ai servizi. Persone e aziende però non sempre conoscono gli strumenti a disposizione e le loro funzionalità.
Parliamo di sicurezza in auto. Le percentuali di installazione di sistemi di assistenza alla guida in Europa, i cosiddetti Adas, sono in costante aumento, ma l’Italia è ancora un fanalino di coda, dopo Germania, Francia, Belgio e Olanda. Perché non si attribuisce ancora il giusto valore alla presenza a bordo di questi sistemi?
Il tema è certo di grande interesse, la consapevolezza c’è, ma costruire una car policy (quella che in azienda definisce i criteri di utilizzo e assegnazione ai dipendenti dell’auto aziendale, ndr) con un livello di Adas adeguato è ancora appannaggio di poche aziende. Io distinguerei fra sensibilità e capacità economica: in Arval stiamo sfruttando i nostri dati per realizzare uno studio sull’incidenza delle sinistrosità fra auto con e senza Adas. Il nostro obiettivo è integrare nel Tco i vantaggi che potrebbero derivare dall’adozione di questi sistemi. Se i dati raccolti ci daranno ragione, e cioè dimostreranno il vantaggio di dotare un’auto dei più evoluti sistemi di sicurezza attiva, cercheremo di incentivare anche economicamente aziende e privati a investire in questo senso. Fare cultura sulla sicurezza rimane fondamentale. In Arval lo facciamo da tempo con progetti di Corporate social responsibility come Sulla Strada Giusta, o con l’Osservatorio, che grazie a un’analisi accurata sulla sinistrosità stradale aumenta la consapevolezza nelle persone. Per concludere, la sensibilità sulla sicurezza stradale c’è, ma la sua declinazione in una politica di flotta aziendale richiede ancora un po’ di tempo.
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