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Perché il reattore di Flamanville potrebbe affossare il nucleare francese
Il reattore nucleare di Flamanville è di nuovo nel mirino delle autorità di controllo. Uno stop definitivo potrebbe risultare fatale per l’intera filiera.
Edf e Areva, ovvero le due società francesi che gestiscono l’immenso cantiere di Flamanville, in Normandia, dove da anni è in costruzione un nuovo reattore nucleare, dovranno eseguire ulteriori test prima di poter proseguire i lavori. A spiegarlo sono state le due stesse aziende, che hanno sottolineato come i problemi riguardino ancora una volta le anomalie rilevate nel “serbatoio” che conterrà il reattore.
EPR de Flamanville : des tests complémentaires seront menés sur la cuve https://t.co/Dm86nu2cM7 pic.twitter.com/y5uX2SUeGe
— Le Monde (@lemondefr) 13 aprile 2016
Nel mirino ancora la copertura del reattore
Si tratta, dunque, dello stesso componente che aveva imposto già uno stop nella primavera del 2015. All’epoca, l’Autorità per la sicurezza nucleare francese (Asn) aveva sollevato la questione, e il suo presidente, Pierre-Franck Chevet, in un’audizione di fronte al Senato di Parigi aveva dichiarato senza mezzi termini: “Il problema individuato è serio. Molto serio. Coinvolge una delle componenti principali della struttura”. Che è stata trasportata nello scorso febbraio nell’area del cantiere, con un convoglio bloccato simbolicamente, nottetempo, da Greenpeace.
Il serbatoio è infatti un elemento progettato per contenere il cuore del reattore: si tratta perciò di una barriera fondamentale che, in caso di incidente, è deputata a difendere l’ambiente dalla radioattività. Per questo le autorità stanno imponendo nuovi test. Questi ultimi, tuttavia, secondo Edf e Areva non dovrebbero provocare un ritardo rispetto alla data prevista per l’entrata in servizio (ovvero la fine del 2018).
Costi triplicati ad oltre 10 miliardi di euro
Eppure lo stesso Chevet, in un’intervista al quotidiano Le Figaro, ha dichiarato che per valutare i nuovi test di resistenza serviranno mesi: la risposta non arriverà prima dell’inizio del 2017. E la domanda che ci si pone in Francia: è cosa succederà se alla fine il pezzo pezzo dovesse essere dichiarato non conforme rispetto agli standard di sicurezza? Secondo lo stesso giornale transalpino, “per le due imprese si tratterebbe di un’autentica catastrofe industriale. Sarebbero infatti costrette a rifare daccapo una buona parte dei lavori”.
Il che si tradurrebbe in “altri anni di lavoro”, nonché in “un’ulteriore esplosione dei costi, che sono già triplicati rispetto alle previsioni iniziali, portando il prezzo totale dell’opera a superare i 10 miliardi di euro”. Il tutto in un contesto nel quale Edf è stata dichiarata, in una lettera indirizzata dai sindacati al presidente francese François Hollande “sull’orlo del fallimento”. E dopo che Areva, in piena crisi finanziaria, è stata acquistata proprio da Edf con un’operazione d’emergenza.
Un’eventuale “no” dell’Autorità per la sicurezza nucleare, infine, anche al di là delle questioni economiche equivarrebbe ad un colpo durissimo all’immagine dei reattori di ultima generazione e, di conseguenza, all’intera filiera dell’atomo.
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