
Il presidente dell’Autorità per la sicurezza nucleare, Pierre-Franck Chevet, si è detto “molto preoccupato” per la situazione delle centrali francesi.
Il colosso dell’energia ha approvato il piano di indennizzi previsto per la chiusura della più vecchia centrale nucleare transalpina.
Un passo fondamentale è stato compiuto nel lungo processo che dovrebbe portare nel prossimo futuro alla chiusura della più vecchia centrale nucleare della Francia, quella di Fessenheim. Il consiglio d’amministrazione della società Electricité de France (Edf), che gestisce l’impianto, ha approvato il meccanismo che prevede la concessione di un indennizzo pari a circa 450 milioni di euro, che verrà versato entro il 2021 al gruppo, e ai suoi partner tedeschi e svizzeri, in cambio dello stop.
Il voto è arrivato – riferisce il quotidiano Le Monde – dopo “un lavoro ai fianchi effettuato dal governo sui sei consiglieri indipendenti” (su un totale di 10 presenti nel Cda). Alla fine, decisivo è stato il voto favorevole dell’amministratore delegato Jean-Bernard Lévy.
Quella di Fessenheim è la più vecchia centrale in attività sul territorio francese. Fu edificata pianificata negli anni Sessanta dall’allora presidente Charles De Gaulle, ed entrò in servizio nel 1978. Negli ultimi anni, il sito nucleare alsaziano è finito a più riprese nel mirino delle associazioni ambientaliste – Greenpeace in testa – perché considerato ormai vetusto e dunque pericoloso.
Ma réaction à l’annonce de la fermeture anticipée de #Fessenheim: “ENFIN! Mais pour combien de temps?” https://t.co/yaZbXruc0n #nucleaire pic.twitter.com/rDCgq8DUAJ
— Michèle Rivasi (@MicheleRivasi) 24 gennaio 2017
L’ipotesi di chiusura ha provocato però un lungo braccio di ferro soprattutto con i sindacati, dal momento che la centrale garantisce circa 2.200 posti di lavoro, dei quali circa la metà sono dipendenti diretti di Edf. È stata necessaria la minaccia adombrata dall’esecutivo di Parigi di rimettere in discussione il cantiere del nuovo reattore in costruzione a Flamanville, in Normandia, nonché il rilancio del secondo reattore presso la centrale di Paluel, nella Senna Marittima, per convincere alcuni membri del Cda a votare a favore.
A questo punto, occorre un nuovo decreto che abroghi l’autorizzazione concessa ormai parecchi decenni fa alla centrale di Fessenheim. Durante la campagna elettorale del 2012, il presidente François Hollande aveva promesso in realtà che avrebbe portato a termine il processo di chiusura entro la fine del suo mandato. La promessa non verrà dunque mantenuta (in Francia si vota nella prossima primavera) ma almeno il dirigente socialista potrà affermare di aver aperto concretamente la via all’iter.
In ogni caso, i due reattori presenti nel sito nucleare non saranno posti fuori servizio prima della fine del 2018, ovvero nel momento in cui dovrebbe entrare in funzione il nuovo Epr di Flamanville. I cui 1.650 MW consentiranno a Edf di compensare la chiusura di Fessenheim.
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Il presidente dell’Autorità per la sicurezza nucleare, Pierre-Franck Chevet, si è detto “molto preoccupato” per la situazione delle centrali francesi.
La dirigenza della compagnia francese Edf ha rivisto al rialzo i costi del nuovo reattore Epr in costruzione sulla Manica: 10,5 miliardi di euro.
Il governo francese ha imposto un tetto alla produzione di energia nucleare, ma la compagnia che gestisce le centrali potrebbe rivalersi sullo Stato.
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