Gabriele Grea, Bocconi. Sharing e multimodalità sono le chiavi della mobilità del futuro

Intervista a Gabriele Grea, docente di Urban mobility management: la pandemia ha modificato le nostre abitudini ma il trasporto di massa resterà centrale.

Gabriele Grea ne è convinto: al di là dell’elettrificazione dei veicoli e dello sviluppo delle auto a guida autonoma, la condivisione e la multimodalità saranno le chiavi della mobilità del futuro. Una rivoluzione della quale si iniziano a vedere i primi, interessanti elementi; ma che andrà governata con scelte politiche puntuali e investimenti mirati, anche alla luce dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Academic fellow del Dipartimento di analisi istituzionale e management pubblico dell’Università Bocconi, Gabriele Grea è docente di Urban mobility management e Smart cities, mobilità sostenibile e intelligente nel programma Memit (Master in economics and management of transportation, logistics and infrastructure).

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Gabriele Grea è un grande esperto di mobilità © Bocconi

Servizi in condivisione e mobilità attiva: la pandemia ha accelerato o frenato la loro espansione?
In linea generale, direi che la pandemia ha frenato i servizi in sharing e accelerato la mobilità attiva. L’emergenza sanitaria ha imposto nuove regole sociali, di conseguenza le scelte dei cittadini si sono orientate maggiormente verso la mobilità attiva e verso quella privata, motorizzata e non. Tutti i servizi in condivisione hanno subìto contraccolpi importantissimi nella prima fase dell’emergenza pandemica, dopodiché si si è assistito a un graduale recupero, ma ancora non si sono raggiunti i livelli del 2019.

La mobilità urbana del futuro deve puntare su condivisione e multimodalità?
Sono senza dubbio gli elementi principali su cui puntare. La multimodalità va intesa sia a livello delle catene di trasporto sia delle scelte possibili, in modo che i cittadini possano vagliare differenti opzioni a seconda delle proprie convenienze: si tratta di una strada obbligata da percorrere per razionalizzare le scelte, limitando gli impatti ambientali della mobilità. Anche quello della condivisione è un concetto complementare rispetto a quello della multimodalità, con i servizi in sharing che dovranno essere sempre più integrati nell’offerta complessiva di mobilità. Ciò significa due cose: da un lato, serve uno sforzo da parte dei decisori politici teso a includere maggiormente i servizi in condivisione nella pianificazione delle reti di mobilità; dall’altro lato, occorre un impegno sul fronte dell’offerta per ridisegnare questi servizi affinché siano funzionali alla multimodalità e all’accessibilità anche in aree periferiche. Questo perché, al momento, il mercato si concentra in via quasi esclusiva nelle zone più densamente abitate.

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Car sharing, illustrazione stilizzata © IngImage

Un’auto in sharing quante auto private arriva a sostituire?
Diversi studi hanno dimostrato che un’auto in condivisione può arrivare a sostituire un numero di veicoli privati compreso tra i 9 e i 15. Guardando al prossimo futuro, bisogna considerare che le nuove generazioni sembrano meno interessate al possesso di un’auto rispetto a quelle precedenti. In secondo luogo, l’accessibilità di questi servizi deve arrivare a ridurre il numero di chilometri percorsi quotidianamente dai cittadini e, da questo punto di vista, resta una forte dicotomia tra le aree metropolitane e quelle rurali e a bassa densità abitativa, meno appetibili per i servizi di condivisione ma al contempo estremamente legate alla mobilità privata. Sarà necessario trovare un punto di equilibrio tra questi due estremi.

I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresentano un’occasione storica per migliorare la dotazione infrastrutturale del sistema dei trasporti: quali sono le priorità?
Il Pnrr catalizza una serie di tendenze allo sviluppo infrastrutturale e non che, di fatto, erano per buona parte già in atto. Penso a un sistema dei trasporti orientato a una maggiore accessibilità, connettività e sostenibilità ambientale. In generale il Piano rappresenta una grande occasione per impostare gli investimenti e i progetti in modo tale da fornire risposte al cambiamento climatico. Da questo punto di vista, i fondi consentono di non agire solo sulle infrastrutture ma anche su altri elementi fondamentali quali il rinnovamento delle flotte, lo sviluppo di nuovi servizi e le tecnologie in grado di decarbonizzare in maniera efficace i sistemi di trasporto. In questo senso, il mancato rinnovo degli incentivi per l’acquisto di vetture elettrificate nella Legge di bilancio 2022, rappresenta un’occasione persa.

Le auto elettriche hanno un peso ambientale decisamente minore rispetto a quelle tradizionali © Sean Gallup/Getty Images

Cosa ferma ancora la piena espansione della mobilità elettrificata? È solo un problema di incentivi?
C’è un mix di fattori tra i quali l’incentivazione, lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica, l’autonomia delle batterie e il costo. Lo scorso anno i bonus governativi si sono rivelati uno strumento valido, ma è innegabile che sul fronte del mercato sarà importante incrementare l’offerta di veicoli elettrificati nei segmenti medio-bassi. C’è poi un tema che lega l’autonomia delle batterie alle infrastrutture di ricarica: la soglia di accettabilità da parte dei clienti si attesta sui 300 chilometri di percorrenza prima di poter ricaricare l’auto; si tratta, peraltro, di un problema percepito più che reale, perché in un anno raramente si effettuano spostamenti di oltre 600 chilometri.

Molti sostengono che la vera svolta nella mobilità urbana avverrà solo con lo sviluppo delle auto a guida autonoma. Lei è d’accordo?
Intanto è bene evidenziare che in questo caso parliamo del livello 5 di guida autonoma, quando al momento dobbiamo ancora consolidare il livello 3. Si tratta senza dubbio di una visione futuristica molto importante, ma anche la guida autonoma andrà combinata all’intermodalità, che resterà un elemento centrale; così come resterà fondamentale il trasporto di massa. A mio avviso la mobilità del prossimo futuro sarà caratterizzata anche dalla guida autonoma, ma con necessità da un lato di una forte governance del sistema e, dall’altro, di integrazione con l’intermodalità.

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Una fase di sperimentazione e sviluppo dei sistemi di guida autonoma © Bosch

Gabriele Grea, come valuta infine l’esperienza dello smart working rispetto ai suoi impatti sulla mobilità urbana?
In linea generale in maniera positiva, anche se si tratta di una misura che deve essere declinata intorno alle esigenze dei cittadini, del sistema produttivo e dei servizi. In questi mesi, giocoforza, abbiamo finito spesso con il confondere il telelavoro e lo smart working, che sono due cose diverse. Per il prossimo futuro serve una pianificazione complessa, e sicuramente più flessibile, delle attività e dei servizi sul territorio, per fare il modo che le opzioni di mobilità siano meglio distribuite e meno concentrate negli orari di punta.

 

 

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