Ghouta orientale, i primi convogli umanitari costretti a tornare indietro

I combattimenti nel Ghouta orientale, in Siria, non hanno permesso ai primi convogli umanitari di terminare la distribuzione di aiuti alla popolazione.

Nella mattinata di lunedì 5 marzo, 46 camion delle Nazioni Unite e della Mezzaluna Rossa, carichi di medicinali e cibo, hanno tentato di entrare nel Ghouta orientale, in Siria. Per loro è stato tuttavia impossibile portare a termine la missione: gli operatori umanitari e il personale sanitario hanno dovuto fare retromarcia prima del previsto, a causa dei combattimenti incessanti tra i ribelli e l’esercito di Bashar al-Assad.

Le Nazioni Unite: “Avevamo le autorizzazioni, costretti a ripiegare”

I camion avrebbero dovuto fornire aiuti a circa 27.500 persone, secondo quanto indicato dall’Ufficio di coordinamento degli Affari umanitari delle Nazioni Unite. Si trattava della prima distribuzione effettuata sul territorio dallo scorso 18 febbraio: nonostante la tregua chiesta dalla comunità internazionale, infatti, finora non era stato possibile organizzare alcun invio.

Eppure una settimana fa la Russia di Vladimir Putin aveva accettato il principio di uno stop quotidiano alle ostilità, proprio con l’obiettivo di permettere l’evacuazione dei feriti e la distribuzione di aiuti medici e alimentari alle centinaia di migliaia di civili presenti nell’area. Da parte loro, le Nazioni Unite affermano di aver ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie, anche per un altro convoglio previsto per la giornata di giovedì, il cui invio non è però più sicuro a questo punto. Una possibilità sarebbe arrivata dalla stessa Russia, il cui esercito potrebbe garantire una via sicura per entrare nel territorio.

“Le truppe di Assad hanno confiscato farmaci e materiale sanitario”

Ma non è tutto: secondo quanto riferito dall’Organizzazione mondiale della sanità, alla popolazione sarebbero arrivati solamente 5.500 sacchi contenenti cibo. Tutti i farmaci e il materiale sanitario sarebbero infatti stati confiscati dagli ufficiali siriani ai posti di blocco. Un attivista umanitario presente sul posto ha confermato alla radio francese France Info che “il governo ha vietato l’accesso di prodotti per le cure mediche all’interno del Ghouta orientale”. Intanto, secondo l’Osservatorio siriano per i Diritti dell’uomo, i raid effettuati da domenica hanno già ucciso o ferito circa 50 civili. In totale, le vittime sarebbero 740 dall’inizio dell’offensiva; quest’ultima avrebbe permesso alle truppe di Assad di controllare ormai i due terzi del territorio.

Istituita una commissione d’inchiesta indipendente per valutare i fatti

La diplomazia internazionale, nel frattempo, tenta di intercedere presso le parti in conflitto: il presidente della Francia Emmanuel Macron ha lanciato ieri un appello al suo omologo russo chiedendo di “adottare misure reali e concrete” al fine di convincere il regime siriano ad “accettare senza ambiguità” una tregua nel Ghouta orientale. Il presidente iraniano Hassan Rohani ha tuttavia fatto sapere che a suo avviso “la strada per porre fine al conflitto non può che passare per un rafforzamento del governo di Assad”.

Su richiesta del Regno Unito, inoltre, il Consiglio dei Diritti dell’uomo delle Nazioni Unite ha adottato lunedì una risoluzione nella quale si chiede di istituire una commissione d’inchiesta internazionale indipendente sulla Siria, al fine di effettuare “un’analisi completa sugli eventi recenti”. La richiesta è stata però approvata con 29 voti a favore, 14 astenuti e quattro contrari: a conferma del fatto che il mondo è ancora fortemente diviso sulla questione.

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