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Non c’è sostenibilità sociale senza sostenibilità ambientale. Le raccomandazioni di David Boyd, relatore speciale dell’Onu per i diritti umani e l’ambiente.
La giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani non possono prescindere dalla sostenibilità ambientale. L’epidemia di Covid-19 dalla quale sta uscendo l’Europa ma nella quale sono ancora pienamente coinvolti altri continenti lo ha messo bene in chiaro. E oggi, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, istituita con lungimiranza, nel 1974, nell’ambito del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, è David Boyd, relatore speciale dell’Onu per i diritti umani e l’ambiente, a sottolinearlo. Con parole forti e chiare. “La pandemia globale dimostra gli effetti diretti e gravi del degrado ambientale sul godimento di una vasta gamma di diritti umani, compresi i diritti alla vita, alla salute, al cibo, all’accesso all’acqua e alla cultura”.
“Almeno il 70 per cento delle malattie infettive emergenti, come nel caso del Covid-19, passa dalla fauna selvatica all’uomo”, ha ricordato Boyd. Secondo il quale “il diritto a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile è legalmente riconosciuto da 156 stati e dovrebbe essere riconosciuto a livello globale dalle Nazioni Unite il più presto possibile. Se protetto e rispettato, questo potrebbe rivelarsi uno dei diritti umani più importanti del 21 secolo”.
Il mondo post-coronavirus, secondo Boyd, dovrebbe ripartire dalla fine della deforestazione, dal rigoroso controllo del commercio di specie selvatiche e dal monitoraggio attento degli hotspot in cui gli esseri umani, la fauna selvatica e gli animali domestici si mescolano, in modo da prevenire future pandemie.
E ripartire con un vero occhio all’ambiente è anche “un’occasione unica per trasformare società ingiuste. Ciò può essere fatto attraverso livelli di investimento senza precedenti in una giusta transizione verso un‘economia circolare, senza sprechi e a basse emissioni di CO2. Creando milioni di posti di lavoro grazie al ripristino degli ecosistemi. Costruendo infrastrutture sanitarie, idriche e igieniche; creando programmi di protezione sociale forti e resistenti; migliorando l’accesso delle ragazze e delle donne all’istruzione e alle opportunità economiche”. Solamente così potremo dire di aver davvero tratto un utile insegnamento da quanto accaduto al mondo negli ultimi sei mesi.
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