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Giovanni Storti del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo indosserà le sue scarpe da running e partirà alla volta dell’Algeria insieme a LifeGate. Lì correrà la Sahara Marathon, ma non è l’unico motivo per cui ha deciso di intraprendere questo viaggio.
Giovanni Storti, attore, regista, comico di Aldo Giovanni e Giacomo, corre.
Ama correre, ne ha parlato in un libro (Corro perché mia mamma mi picchia), ne fa quasi uno stile di vita, e forse anche per questo ha deciso di partecipare al viaggio targato LifeGate Experience in Algeria, a Tindouf, dal 24 febbraio al 4 marzo 2018.
Ad ospitare lui – e tutti coloro che vorranno venire! – sono i sahrawi, gli abitanti del luogo che da oltre 40 anni vivono all’interno di campi profughi: far conoscere al mondo la loro causa è l’obiettivo della Sahara Marathon, un’emozionante corsa nel deserto.
Di fronte alla sfida Giovanni, appassionato di running, non si tira indietro. Per intraprendere questo viaggio, però, non è necessario essere atleti. E qui ci spiega perché.
La corsa può essere “un’alternativa alle modalità turistiche tradizionali”, come hai detto nella precedente intervista per LifeGate di Yamina Oudai Celso. Questo è uno dei concetti alla base del viaggio in Algeria, ed è anche uno stile di vita che tu condividi e conosci bene. Ce ne puoi parlare?
Nel caso del viaggio con LifeGate, c’è un elemento in più. Il fatto di non conoscere questo popolo, i sahrawi, che vivono da 40 anni in un campo profughi per via di un muro di 2.400 chilometri che gli impedisce di tornare nelle loro terre, è la motivazione più forte che mi ha spinto a partecipare: l’aver scoperto la loro situazione e avere la possibilità attraverso una corsa, ma non solo una corsa, bensì un’esperienza particolare di vita con loro, di verificare sul campo le loro condizioni. In questo caso c’è un po’ meno l’idea della corsa in sé: in genere mi piace sfruttare le due cose, cioè andare a correre in posti particolari e poi visitarli con quella scusa, ma stavolta c’è qualcosa in più.
La passione per la corsa ti ha portato in diversi posti che non offrono le comodità a cui siamo abituati. Qual è la cosa più difficile che hai dovuto affrontare dal punto di vista dello spirito di adattamento?
In genere parto con un gruppetto di amici guidato da un atleta professionista, che però ha uno spirito di viaggiatore eccezionale: il suo concetto è che bisogna vivere come i locali, ma come i più poveri dei locali. Quando sono andato in Bolivia, per esempio, dove già il livello medio è basso, vivere in quelle condizioni è stata un’esperienza piuttosto dura. L’importante, però, è stare insieme, scoprire il posto e parlare con la gente in modo naturale, insomma fare una piccola avventura. Quindi si accettano tutte le condizioni, anche se sono un po’ disagevoli.
Cosa ti aspetti da questo viaggio in particolare?
Mi aspetto di approfondire la conoscenza delle condizioni in cui vive il popolo Sahrawi e delle motivazioni che hanno spinto quelli che gli stanno attorno a creare questo enorme disagio e problema nella zona. E poi sicuramente mi aspetto, o meglio spero che la mia presenza, anche involontariamente e normalmente, dia un pochettino di piacevolezza, di speranza a questa popolazione e in particolare ai bambini: vorrei portare un po’ di allegria e di spirito di condivisione.
Il viaggio proposto da LifeGate, però, non ha a che fare solo con la corsa, infatti si può partecipare anche senza correre. L’idea è soprattutto quella di mettere in contatto mondi diversi. Come possiamo convincere anche i lettori più pigri a partire?
Io penso che un viaggio sia sempre un arricchimento, della conoscenza e dell’anima, anche perché siamo abituati a uno stile di vita molto comodo e viaggiare, a meno che non si vada alle Maldive, comporta sempre un po’ di disagio e di imprevisto, che è un po’ il sale della vita. Quando torni da un viaggio hai sempre qualcosa in più da portarti a casa, che ti arricchisce, a maggior ragione nel caso di un’esperienza particolare come quella proposta da LifeGate.
Nella precedente intervista ci hai detto che correre ti ha aiutato anche nel lavoro, perché ti ha insegnato ad affrontare meglio gli imprevisti e a reggere la pressione. Viceversa, che cosa del tuo essere comico e attore hai portato nella corsa?
Sicuramente il comico vede la vita con un occhio sempre ironico e questo mi ha portato a non prendere la corsa troppo sul serio – anche se all’inizio ero un po’ competitivo, chiaramente sulla base delle mie possibilità. Questo ha fatto sì che affrontassi la corsa come un divertimento, uno stare assieme, certamente anche una fatica, ma più che altro un arricchimento.
Sappiamo che a Milano i livelli di inquinamento sono molto alti, recentemente ce lo ha ricordato la fotografia scattata dallo spazio dall’astronauta Paolo Nespoli che ritrae la Pianura Padana avvolta dallo smog. Come vivi questa situazione? Corri lo stesso a Milano?
Sì, so che è così ma corro lo stesso. È chiaro che è trent’anni che c’è questo problema ma nessuno vuole affrontarlo seriamente; un po’ per le condizioni naturali che ci sono e un po’ per quello che facciamo noi e potremmo fare in modo diverso, ci tocca. Io vado sempre in giro in bici, faccio due, tre cosine che possono aiutare questo meccanismo a cambiare, però io credo che ci voglia proprio una spinta a livello politico per ribaltare la situazione. Non è facile perché noi guardiamo sempre al presente e all’immediato futuro, non pensiamo mai al futuro “vero”, non ne abbiamo proprio idea, per cui spesso si parla tanto, ma non si conclude nulla. Ovviamente è il denaro che purtroppo muove tutto, quindi finché non ci sarà qualcos’altro di allettante, succederà questo.
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