
La mancanza di dati ufficiali è un problema per il controllo del mercato legale di animali, soprattutto per le catture di quelli selvatici.
Alcuni uccelli hanno la capacità di distinguere fra semi e frutti trattati con pesticidi chimici nocivi e altri privi di sostanze contaminanti e pericolose
Gli uccelli sono in grado di distinguere semi e frutti sani, cioè non trattati chimicamente, da quelli contaminati con sostanze nocive, come i pesticidi, evitandone l’ingestione. Una particolarità osservata in alcune specie che conferma come la natura sia provvida verso i suoi abitanti e li metta al riparo da possibili malattie e contaminazioni che potrebbero metterne in pericolo la sopravvivenza.
Contrariamente agli uomini, che ingeriscono anche cibi esposti a pesticidi (molto spesso tossici) senza rendersene conto, gli animali sono in grado di distinguere semi e frutti commestibili da quelli contaminati con sostanze chimiche. La notizia arriva da uno studio condotto dall’Instituto de investigación en recursos cinegéticos su alcuni esemplari di tortora orecchiuta (Zenaida auriculata), un uccello molto diffuso nell’America meridionale e presente anche in aree metropolitane e hinterland cittadini.
I ricercatori hanno analizzato gli effetti provocati dalla presenza di pesticidi neonicotinoidi (una classe di insetticidi neuroattivi chimicamente simili alla nicotina, utilizzati in agricoltura a partire dagli anni Ottanta e che sarebbero tra i principali indiziati per la moria delle api) in grado di provocare reazioni avverse nell’organismo dei volatili che si cibano dei semi o della frutta contaminate. Sia l’ingestione dei primi, che quella delle foglie carnose della pianta rappresenta una fonte privilegiata per la comparsa di una grave intossicazione che si traduce in anoressia, disturbi neurologici e, infine nei casi più gravi, morte improvvisa.
Per sviluppare la ricerca sono state effettuate tre osservazioni sperimentali consecutive del comportamento degli uccelli in presenza di alcune delle sostanze neonicotinoidi più utilizzate in agricoltura, come imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam. I risultati sono stati, a dir poco, sorprendenti e hanno evidenziato come i volatili siano in grado di discernere fra cibo pericoloso e contaminato e alimenti sani e tollerabili.
Purtroppo la capacità delle tortore prese in esame non è bastato a salvarle dagli effetti dei pesticidi. Basta, infatti, una piccolissima quantità delle sostanze prese in esame per provocare le reazioni avverse nei volatili e i numero degli uccelli periti durante la ricerca si è aggirata su percentuali del 38 per cento di intossicati da imidacloprid e del 13 per cento da clothianidin.
A questo proposito la Lipu (Lega italiana protezione uccelli) ha stimato che in vent’anni le campagne italiane hanno perso tra gli 8 e i 14 milioni di volatili appartenenti a 41 specie di uccelli. “Tra le cause principali di questa moria ci sono i danni provocati dall’utilizzo di pesticidi (che hanno un’azione immediata sulla mortalità degli uccelli, oltre a diminuire la disponibilità di fonti alimentari) e la costante meccanizzazione agricola”, hanno dichiarato i ricercatori. Un trend negativo, quindi, per il quale le straordinarie capacità degli uccelli non hanno voce in capitolo. E la loro salute, come la nostra, per ora rimane in balia dell’uso indiscriminato di sostanze nocive per la natura e per chi la abita. C’è da chiedersi, infatti, con le dovute distinzioni, cosa succede nell’organismo umano, assumendo nel tempo frutta e verdura contaminata da pesticidi chimici usati sempre più spesso e senza controllo nelle pratiche agricole.
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