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Il tossicologo Christopher Portier ha riesaminato gli studi sul glifosato usati dalle autorità di controllo per concedere le autorizzazioni commerciali.
A cinque anni di distanza dalla decisione dell’Agenzia per la ricerca sul cancro (Iarc) che fa capo alle Nazioni Unite, pubblicata sulla rivista The Lancet Oncology, di inserire il glifosato nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene” per l’uomo, un nuovo studio conferma i rischi. La rivista scientifica Environmental Health ha pubblicato infatti un riesame di tredici analisi sulla possibile cancerogenicità del composto chimico, condotta dal tossicologo Christopher Portier, ex direttore del National Toxicology Program americano e oggi docente presso l’università di Maastricht, nei Paesi Bassi.
Le glyphosate serait susceptible de déclencher des cancers chez les rongeurs selon la réanalyse des tests fournis aux autorités réglementaires. Or, ces dernières ont unanimement estimé, à l’inverse, que l’herbicide n’avait pas de potentiel cancérogène. https://t.co/pLW3mECb26
— Le Monde Planète (@lemonde_planete) February 24, 2020
I risultati indicano che il pesticida può provocare differenti tipi di insorgenze tumorali negli animali esposti. Commentando la notizia, il quotidiano francese Le Monde ha osservato: “La conclusione è particolarmente di rilevo soprattutto perché questi stessi test, che in gran parte son stati condotti dalle stesse industrie produttrici, sono stati utilizzati dalle autorità di controllo, in particolare europee e americane, per fornire i loro pareri. E queste hanno concluso, in modo diametralmente opposto, che il glifosato non sarebbe potenzialmente cancerogeno”.
Inoltre, i test effettuati dalle autorità di norma non possono essere consultati dalla comunità scientifica. Il loro esame è infatti riservato ad esperti di organismi pubblici. Tuttavia, nel 2017 alcuni parlamentari europei avevano ottenuto dal direttore generale dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) una copia dei dati, pur impegnandosi a non renderli pubblici. Avevano tuttavia condiviso le informazioni con Portier.
Quest’ultimo aveva quindi replicato le analisi, ma era stato costretto a conformarsi all’accordo sulla confidenzialità. È stata necessaria una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, nel mese di marzo del 2019, per permettere allo scienziato di sottoporre il proprio riesame dei tredici studi alle riviste scientifiche.
#glyphosate
Le Monde: L’évaluation officielle du glyphosate de nouveau mise en cause.https://t.co/unN10mh5Snvia @GoogleNews
— Yohann (@yohann6129) February 25, 2020
Le sue conclusioni senza appello: nel complesso, sono stati individuati 37 casi di aumento dell’incidenza di tumori. In particolare cancri dei tessuti molli, della ghiandola surrenale, dei reni, del fegato e linfomi. “Se le autorità di controllo – ha commentato Portier – hanno proceduto ad un’analisi completa di tutte le prove disponibili provenienti dai tredici studi sulla cancerogenicità animale, come fatto in questo caso, è difficile comprendere come siano potute giungere a conclusioni diverse da quella che indica come il glifosato sia in grado di provocare tumori negli animali da laboratorio”
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