Cos’è successo nella prima settimana di guerra tra Israele e Hamas

A una settimana dall’attacco di Hamas e dall’inizio dei bombardamenti di Israele, la situazione più critica è a Gaza.

  • Il bilancio delle vittime in Israele, dopo l’attacco di Hamas, è di 1.200 morti e circa 150 ostaggi.
  • Israele ha sganciato 6mila bombe sulla Striscia di Gaza, con oltre 1.500 morti palestinesi, di cui 500 bambini.
  • L’Onu e le organizzazioni non governative condannano l’assedio totale e l’ordine di evacuazione di Gaza.

Sono passati sette giorni da quando la già precaria situazione tra Israele e Palestina è precipitata. Una settimana iniziata con il brutale attacco dell’organizzazione estremista palestinese Hamas sul suolo israeliano, dove tra combattimenti con i soldati locali e assalti a rave party e villaggi si contano circa 1.200 morti e 150 ostaggi. Una settimana proseguita con i bombardamenti idiscriminati di Israele sulla Striscia di Gaza, che hanno ridotto in macerie interi quartieri, portando a un bilancio provvisorio di 1.500 palestinesi morti, di cui 500 bambini.

Israele
L’esercito di Israele contro Hamas © Alexi J. Rosenfeld/Getty Images

Nel mezzo, l’assedio totale israeliano che ha messo in ginocchio Gaza anche dal punto di vista energetico, il governo di unità nazionale creato in Israele, l’ordine di evacuazione improvviso dato da Tel Aviv agli abitanti di Gaza nord per un probabile, imminente, attacco via terra, e molto, molto altro.

L’attacco di Hamas

L’offensiva di Hamas, organizzazione estremista palestinese, è iniziata alle 6 del mattino ora locale di sabato 7 ottobre.

Sono stati lanciati circa cinquemila razzi contro il territorio di Israele. Alcuni sono stati intercettati dal sistema di difesa missilistico Iron dome, altri hanno impattato al suolo. Allo stesso tempo, diversi miliziani di Hamas hanno superato il confine con deltaplani a motore, mentre circa un migliaio di combattenti ha divelto le recinzioni che delimitano la Striscia di Gaza, avanzando in territorio israeliano a una profondità mai raggiunta prima.

I miliziani hanno attaccato un festival in cui erano riuniti migliaia di giovani israeliani e stranieri, compiendo una strage con almeno 270 morti. Poi hanno assaltato alcuni kibbutz come quello di Sderot, uccidendo a sangue freddo diversi civili, tra cui donne e bambini. Il bilancio complessivo è di 1.200 morti e nel corso delle sue operazioni Hamas ha preso in ostaggio circa 150 persone tra israeliani e stranieri.

I bombardamenti di Israele

Dopo l’attacco di Hamas contro Israele, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, a capo dell’esecutivo più di destra della storia del paese, ha dichiarato: “Siamo in guerra”, aggiungendo che “il nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto”.

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L’attacco di Hamas ai kibbutz in Israele © JACK GUEZ/AFP via Getty Images

Nella serata di sabato 7 ottobre sono iniziati i bombardamenti sulla Striscia di Gaza, l’area più densamente popolata al mondo, con 2,3 milioni di persone di cui il 50 per cento sotto i 15 anni. A una settimana dall’inizio dell’operazione, Israele ha sganciato già circa 6mila bombe, ricorrendo anche al fosforo bianco, come denunciato dall’organizzazione non governativa Human rights Watch. Le bombe al fosforo bianco sono armi incendiarie vietato contro civili dal diritto internazionale, che una volta che entrano a contatto con la pelle bruciano i tessuti fino alle ossa e la cui inalazione può portare a bruciare i polmoni. Israele già in passato aveva usato il fosforo bianco contro i palestinesi, come nella guerra del 2008-2009.

Israele ha giustificato la pioggia di raid su Gaza con la necessità di “cancellare Hamas”. Ha detto di voler risparmiare i civili, ma le notizie dalla Striscia hanno raccontato un’altra versione. Come denunciato da Medici senza frontiere, le bombe hanno colpito anche ambulanze e ospedali. I bombardamenti hanno colpito e distrutto anche centrali energetiche e antrenne di telecomunicazione, oltre che il valico di Rafah, rendendolo inagibile: Rafah è l’unica via di fuga dalla Striscia di Gaza, è un passaggio verso l’Egitto ed era l’unico ancora aperto. Il quartiere Rimal, il centro dello shopping e dei ristoranti di Gaza city, è stato di fatto raso al suolo. E il bilancio complessivo di sette giorni di bombardamenti è drammatico.

Nella Striscia di Gaza sono morte oltre 1.500 persone, di cui 500 bambini. Tra le vittime ci sono anche 11 membri dello staff dell’Onu, sette giornalisti e 11 operatori sanitari. Gli sfollati dalle proprie case sono già circa mezzo milione. E il bilancio va aggravandosi anche in Cisgiordania, l’altro territorio palestinese situato a sud-est di Israele, dove non ci sono bombardamenti ma dove almeno 33 palestinesi sono stati uccisi in assalti di coloni israeliani o negli scontri con le forze di sicurezza. E le brigate al Qassam, cioè l’ala armata di Hamas, hanno parlato di 13 ostaggi uccisi dalle bombe israeliane.

L’assedio totale

Tra le misure intraprese da Israele contro la Striscia di Gaza c’è il cosiddetto “assedio totale”. Il territorio palestinese si trova sotto stretto embargo israeliano dal 2007, anno in cui Hamas ha vinto le elezioni (le ultime che si sono tenute) a Gaza. L’embargo comporta che il movimento di beni e persone tra la Striscia e il mondo di fuori è regolato da Israele, che di fatto può aprire e chiudere i rubinetti a suo piacimento, L’organizzazione non governativa Human rights watch ha definito la situazione una “prigione a cielo aperto”.

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La situazione a Gaza dopo i bombardamenti di Israele © MAHMUD HAMS/AFP via Getty Images

Nel corso di questa settimana la situazione è peggiorata ulteriormente. Con l’assedio totale Israele ha tagliato le forniture di acqua, energia elettrica, cibo e carburante verso i territori della Striscia. Di conseguenza l’unica centrale elettrica presente nella Striscia è rimasta senza energia e il territorio è al buio, illuminato solo dalle esplosioni causate dai missili israeliani. Come ha denunciato Medici senza frontiere, i generatori degli ospedali hanno ancora pochi giorni di autonomia, poi non ci sarà modo di curare i migliaia di feriti. Sarebbero 50mila le donne incinte che non sarebbero più in grado di godere dell’assistenza di base, Israele intanto ha messo il veto all’arrivo di aiuti umanitari dall’Egitto.

L’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha sottolineato che l’assedio totale imposto su Gaza viola il diritto internazionale e anche i paesi più vicini diplomaticamente a Tel Aviv, come gli Stati Uniti, hanno chiesto di non trasformare la risposta agli attacchi di Hamas in una punizione collettiva

L’evacuazione impossibile da Gaza

In questo contesto, il 13 ottobre Israele ha intimato alla popolazione palestinese che vive nella parte nord della Striscia di Gaza di abbandonare le proprie case e dirigersi verso sud. Un ultimatum di sole 24 ore, per 1,1 milioni di persone, vale a dire la metà della popolazione di Gaza. Un esodo di decine di chilometri impossibile in un contesto dove strade e infrastrutture sono ridotte in macerie. Nonostante questo migliaia di famiglie, con bambini al seguito, si sono messi in marcia a piedi.

L’Onu ha sottolineato che “uno spostamento di tale portata è impossibile senza che si verifichino conseguenze umanitarie devastanti” e ne ha chiesto l’annullamento.

Le ragioni dietro all’ordine di evacuazione diffuso da Israele stanno in un probabile, imminente attacco via terra sulla Striscia. A poche ore dall’inizio delle ostilità Tel Aviv aveva già richiamato 30mila riservisti, con cittadini con doppio passaporto che sono arrivati da tutto il mondo. Hamas però ha definito “propaganda” l’ultimatum di israeliano contenuto nell’ordine di evacuazione.

Il governo di unità nazionale israeliano

A una settimana dallo scoppio delle ostilità è anche tempo di primi bilanci. Quello di cui si parla in Israele, tra le altre cose, è che l’esercito israeliano il 7 ottobre ci ha messo parecchio tempo ad arrivare sul luogo degli attacchi terroristici di Hamas, motivo per cui in molti stanno attaccando il premier Benjamin Netanyahu e la sua gestione della sicurezza, accusandolo di aver concentrato negli ultimi mesi tutte le forze sulla difesa delle colonie israeliane in Cisgiordania, dando poca importanza alla frontiera calda con la Striscia di Gaza.

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L’attacco di Hamas ai kibbutz in Israele © Alexi J. Rosenfeld/Getty Images

Alcuni giornali israeliani vicini all’opposizione, come Haaretz, hanno pubblicato editoriali molto duri contro il premier Netanyahu, definendo un fallimento la sua organizzazione della difesa israeliana. I servizi segreti israeliani, i più potenti e sulla carta efficienti al mondo, non sono stati in grado di intercettare i preparativi dell’attacco da parte di Hamas, che da dichiarazioni dell’organizzazione estremista palestinese e sulla base di alcuni documenti ritrovati andavano avanti da molto tempo. Addirittura, alcune fonti di intelligence straniere hanno dichiarato che in realtà Netanyahu fosse stato informato nei giorni precedenti di un possibile attacco di Hamas, ma aveva fatto cadere la cosa ritenendola poco credibile

Questi primi giorni di conflitto potevano risolversi in una crisi politica per Netanyahu, che forse anche per questo si è messo al lavoro con le opposizioni per formare un governo di unità nazionale. Mercoledì 10 ottobre il primo ministro e l’ex ministro della Difesa Benny Gantz, a capo di uno dei partiti di opposizione, hanno trovato un accordo in proposito. Yair Lapid, che guida un altro partito di opposizione, ha scelto invece di rimanere fuori dal nuovo esecutivo. Quest’ultimo avrà una durata a tempo determinato, fino alla fine della guerra. E sarà caratterizzato da un apposito gabinetto di guerra, che lavorerà esclusivamente sulle operazioni in corso nella Striscia di Gaza.

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