Il fatto “non sussiste”. Le azioni di Ultima Generazione non costituiscono reato

I tre attivisti di Ultima Generazione che si erano incollati alla Venere di Botticelli non veranno processati. Nel Regno Unito le cose vanno diversamente.

  • Tre attivisti climatici, che si erano incollati alla Venere di Botticelli, non andranno a processo.
  • Secondo il tribunale di Firenze, il fatto “non sussiste”.
  • Invece nel Regno Unito, due attivisti di Just stop oil sono stati condannati a 5 anni complessivi di carcere.

I tre attivisti per il clima di Ultima Generazione, che nell’estate del 2022 si erano incollati al vetro di protezione del dipinto “Primavera” di Botticelli conservato nel museo degli Uffizi di Firenze, non saranno processati, poiché il fatto “non sussiste”. La decisione è stata presa dal tribunale di Firenze durante l’udienza pre-dibattimentale, una fase introdotta dalla riforma Cartabia alla fine del 2022 per affrontare reati minori. Le accuse, che includevano manifestazione senza preavviso, interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale, sono state respinte. Questa decisione giudiziaria pone fine alla possibile condanna dei tre attivisti, che rischiavano fino a cinque anni di carcere.

L’assoluzione degli attivisti di Ultima generazione può cambiare i processi futuri

“In parte ce lo aspettavamo” ha detto Francesca Trasatti, una degli avvocati dei ragazzi di Ultima generazione imputati, su Firenze Today – perché dal punto di vista giuridico è una decisione assolutamente corretta. Non si terrà il processo perché il fatto che contestava l’accusa non sussiste. Possiamo dire che anche per il futuro si dovrà valutare più attentamente se le condotte che vengono poste in essere, rientrano nel più ampio alveo della manifestazione libera del pensiero piuttosto che un reato come oggi è stato formalmente sancito. Poi ogni processo è deciso dal giudice che ha il fascicolo sulla scrivania però certamente è un buon segnale”.

Prima della decisione del giudice, l’unico dei tre imputati presenti non aveva ritrattato il gesto simbolico compiuto. “È giusto che facciano le proporzioni tra chi ha la responsabilità nella morte delle persone”, ha dichiarato Simone Ficicchia, uno dei tre attivisti “e chi ha solo incollato la mano a un vetro di protezione. Colla che dopo dieci minuti è stata rimossa. Però ci siamo e affronteremo tutte le conseguenze di quanto abbiamo fatto”.

Sono mesi ormai che si moltiplicano i processi a carico degli attivisti di Ultima Generazione. A maggio per esempio era iniziato il processo contro tre attivisti che il 2 gennaio avevano imbrattato la facciata di palazzo Madama, la sede del Senato. I tre sono accusati di danneggiamento aggravato. La pena massima è di cinque anni di carcere. “Nei prossimi dieci giorni, nove persone di Ultima Generazione andranno in contro a tre processi. Stiamo semplicemente chiedendo al governo di agire sulla crisi climatica e sociale che sta lasciando senza casa centinaia di persone. La prossima regione colpita potrebbe essere il Veneto. È ora di prendere posizione e scendere in strada”, ha dichiarato Alessandro, un altro dei ragazzi imputati del movimento, che il giorno dopo la pronuncia del tribunale ha inscenato una nuova manifestazione, questa volta bloccato il traffico di Padova.

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Manifestanti si sono riuniti davanti alla Royal Courts of Justice in solidarietà con gli attivisti per il clima incarcerati per aver scalato il ponte Queen Elizabeth II sul Dartford Crossing © Vuk Valcic / SOPA Images/SOPA Images/LightRocket via Getty Images

Invece nel Regno Unito gli attivisti sono stati condannati

È andata diversamente per due attivisti di Just stop oil, movimento di protesta per il clima, nel Regno Unito che a ottobre dell’anno scorso bloccarono il traffico di Londra per circa 40 ore, scalando il Dartford crossing bridge. Morgan Trowland, 40 anni, è stato condannato a tre anni di carcere, mentre Marcus Decker, 34 anni, è stato condannato a due anni per aver arrecato disturbo pubblico. Quest’ultimo è di nazionalità tedesca e quindi rischia l’espulsione.

Le Nazioni Unite hanno sollevato preoccupazioni nei confronti del governo britannico in seguito alle lunghe condanne detentive inflitte. Secondo l’ONU, infatti, tali condanne potrebbero minacciare la libertà di protesta nel paese.

In risposta alle preoccupazioni dell’Onu, il governo guidato da Rishi Sunak ha sottolineato che il diritto di protestare è un pilastro fondamentale della democrazia nel Regno Unito. Tuttavia, ha affermato che la “maggioranza rispettosa della legge” deve poter condurre la propria vita quotidiana senza ostacoli. Durante un’udienza d’appello il mese scorso, la presidente della Corte Suprema, Lady Carr, ha difeso le condanne, sostenendo che servono per dissuadere altri manifestanti a comportamenti simili. Gli attivisti hanno tentato di impugnare le sentenze davanti alla Corte Suprema, ma la richiesta è stata respinta.

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