
Dietro la direttiva “case green”, che prevede l’efficientamento energetico degli edifici, ci sarebbe la lobby del gas, secondo le associazioni.
Se Brescia fosse un organismo vivente, i 600 chilometri di teleriscaldamento sarebbero le arterie. Il termovalorizzatore di Brescia ne sarebbe il cuore.
Se la città di Brescia fosse un organismo vivente, i 600 chilometri e più di rete di teleriscaldamento sarebbero le arterie, il termovalorizzatore sarebbe il cuore.
Composto da tre linee di combustione, di cui una dedicata alle biomasse, tutte di provenienza certificata, l’impianto ha prodotto nel 2011 elettricità pari al fabbisogno di circa 200.000 famiglie e calore pari al fabbisogno di oltre 60.000 appartamenti.
I rifiuti conferiti all’impianto sono quelli non utilmente riciclabili, materiali che rimangono dopo la selezione operata con la raccolta differenziata e che a Brescia si attesta oggi al 44%, con l’obiettivo dichiarato di arrivare al 50.
Una volta entrato nell’impianto il materiale viene bruciato ad una temperatura di circa 1000 gradi. I fumi a contatto con tubi dell’acqua cedono calore generando così vapore. Vapore che va ad alimentare la turbina per la produzione di elettricità. Il calore esausto viene poi convogliato nella rete di teleriscaldamento.
Tra il 2008 e il 2011, nell’ambito del progetto europeo Next Gen Bio Waste, è stato introdotto un ulteriore sistema di abattimento delle emissioni, ovvero un nuovo sistema catalitico denominato High Dust in grado di ridurre ulteriormente gli ossidi di azoto.
Ciclo integrato dei rifiuti, recupero di energia, efficienza energetica, riduzione delle emissioni. Ecco l’esempio di una città che si trasforma in smart city e questa città è Brescia.
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