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Dacia Spring, l’elettrica “low cost” del gruppo Renault che ha conquistato l’Europa: semplice, leggera, compatta (e premiata per la sua efficienza).
Negli ultimi vent’anni il settore manifatturiero ha assistito a una progressiva e inesorabile delocalizzazione delle produzioni verso l’Est Europa e, su scala globale, verso la Cina e il Far East. Oggi, uno dei maggiori gruppi industriali al mondo, Adidas, torna a produrre nel cuore del Vecchio Continente. Più precisamente ad Ansbach, in Baviera (Germania). Una
Negli ultimi vent’anni il settore manifatturiero ha assistito a una progressiva e inesorabile delocalizzazione delle produzioni verso l’Est Europa e, su scala globale, verso la Cina e il Far East. Oggi, uno dei maggiori gruppi industriali al mondo, Adidas, torna a produrre nel cuore del Vecchio Continente. Più precisamente ad Ansbach, in Baviera (Germania). Una decisione storica dietro alla quale vi è l’esplicita rinuncia alla manodopera a basso costo optando piuttosto per l’impiego di robot e operai iperspecializzati. L’essenza dell’Industria 4.0. Un fenomeno che interesserà gli anni a venire e avrà profondi influssi tanto sull’industria automobilistica quanto sull’ambiente.
Industria 4.0 è una definizione legata alla cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”. Un processo che porterà a produzioni integralmente automatizzate e interconnesse. Una rivoluzione basata su quattro pilastri. Il primo, nel dettaglio, riguarda l’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività. Il secondo è invece legato all’analisi di queste informazioni, così da ricavarne un valore, mentre il terzo è basato sull’interazione tra uomo e macchina, coinvolgendo le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata. Infine, ecco l’ampio settore che si occupa del passaggio dal digitale al reale e che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni machine-to-machine e le nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, razionalizzando i costi e ottimizzando le prestazioni.
L’auto elettrica, alimentata mediante le comuni batterie o le fuel cell a idrogeno, è l’orizzonte della mobilità del futuro. Un orizzonte che, grazie all’Industria 4.0, potrebbe divenire molto più vicino. Il prezzo delle vetture ibride ed elettriche, tuttora superiore ai modelli tradizionali, è uno dei principali deterrenti all’acquisto di un veicolo sostenibile. La concretizzazione dei principi dell’Industria 4.0 potrebbe però portare a un abbattimento dei costi produttivi, rendendo più agevole realizzare quelle economie di scala oggi difficili a causa della relativamente contenuta diffusione delle auto a basse emissioni. I robot e l’automazione dei processi produttivi, in estrema sintesi, favoriranno la riduzione dei prezzi e la diffusione delle vetture elettriche.
Audi e Mercedes-Benz credono nell’Industria 4.0. Entrambi i costruttori tedeschi hanno creato delle smart factory dove viene ripensato l’intero processo di realizzazione delle automobili. Innovazioni che promettono di aumentare del 20 per cento la produttività rispetto alle comuni catene di montaggio e di rendere più semplice la personalizzazione dei veicoli. Nello specifico, la casa degli Anelli ha sinora applicato questo sistema nello stabilimento di San José Chiapa, in Messico, dove nasce la nuova SUV Q5, mentre Mercedes ha destinato tale tecnologia alla rinnovata Classe E, prodotta in Germania a Sindelfingen. Il caso del costruttore della Stella è emblematico, dato che quanto sinora fatto può essere considerato una “prova generale” in vista del debutto della nuova famiglia di vetture elettriche derivate dalla concept EQ, presentata al recente Salone dell’Auto di Parigi. Veicoli a batteria che nasceranno entro il 2025 a Brema, in Germania, e che beneficeranno della realtà aumentata per i controlli qualità, del montaggio virtuale in sede di progettazione e di un’avanzata cooperazione tra uomo e robot lungo la catena di montaggio.
L’Industria 4.0 renderà più a buon mercato le auto elettriche, ma porterà riflessi negativi sui livelli di occupazione. O meglio, l’ampio ricorso ai robot “brucerà” parte dei posti di lavoro tradizionali. Secondo una ricerca presentata dal The World Economic Forum, fondazione senza fini di lucro con sede in Svizzera, nei prossimi cinque anni l’Industria 4.0 renderà disoccupati sette milioni di operai, dei quali solamente due milioni verranno reinseriti nel processo produttivo in seguito a un addestramento per la gestione delle nuove apparecchiature. Alcune aziende hanno fornito rassicurazioni in tal senso, Audi, ad esempio, ha ufficializzato che l’applicazione delle nuove strategie produttive non comporterà alcuna riduzione della forza lavoro, ma la coperta sembra essere corta. Da qui al 2025, data prevista per l’entrata a pieno regime dell’Industria 4.0, il tema dovrà essere affrontato molto seriamente.
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