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Per ridurre gli effetti delle piogge sempre più intense e migliorare la gestione delle acque meteoriche non è sempre necessario realizzare opere ex novo. Anzi, è possibile recuperare antichi canali.
Gli ultimi anni hanno visto un deciso aumento dei fenomeni meteorologici particolarmente intensi, che spesso causano allagamenti se non vere e proprie inondazioni. Genova, Vicenza e Messina sono solo i casi più recenti. Se da un lato i cambiamenti climatici stanno modificando l’intensità e la frequenza delle piogge, dall’altro l’aumento del consumo di suolo e dell’impermeabilizzazione del territorio stanno causando vere e proprie emergenze in molte città italiane.
Tra le buone pratiche da prendere in esame, quella di implementare e recuperare la capacità di invaso della rete idrica minore pare essere una delle soluzioni più a portata di mano, meno impattante e dall’alto valore naturalistico per il territorio italiano: fossati, canali, rive rinaturalizzate, servono a contenere gli eventi di piena dei fiumi e a immagazzinare temporaneamente le acque in eccesso.
“A prescindere dagli effetti dei cambiamenti climatici che si constatano negli ultimi tempi, quando si è in presenza di aree fortemente impermeabilizzate, l’effetto dei fenomeni di intense precipitazioni è devastante: la progressiva riduzione di aree permeabili, ad esempio i terreni agricoli, causata dal ‘boom economico’, rende sempre più problematica la gestione delle acque meteoriche”, conferma l’ingegner Pier Carlo Anglese, direttore area tecnica del Gruppo Cap, utility che gestisce il servizio idrico integrato della città metropolitana di Milano, Monza e Brianza, Pavia, Varese e Como.
“La corretta gestione delle acque meteoriche che si riversano nelle reti fognarie non può che essere finalizzata a ridurne l’apporto contenendo, di conseguenza, gli allagamenti per esondazioni. Per farlo occorrerebbe eliminarle alla fonte per quanto possibile: ad esempio scollegando tutte le acque raccolte dai pluviali dei tetti degli edifici civili, industriali, pubblici e privati per dissiparle con sistemi di infiltrazione localizzata”.
Non solo. Il Gruppo, in collaborazione con il Consorzio Est Ticino Villoresi e la Facoltà di Agraria dell’Università di Milano, ha avviato, proprio nel milanese un progetto pilota per il recupero dell’antica rete di canali. “Come Gruppo Cap abbiamo avviato uno studio per il recupero dei vecchi reticoli idrici di cui è capillarmente ricca l’area milanese, ai fini di un loro utilizzo promiscuo anche per la volanizzazione diffusa delle acque meteoriche sfiorate dalle reti fognarie”, spiega Anglese. “Entro la fine 2016 dovremmo avere un quadro di riferimento da portare all’attenzione innanzitutto di Regione Lombardia e di Città metropolitana di Milano per poter assumere le decisioni conseguenti”.
Un milione di euro di investimento per il recupero del reticolo idrico minore progettato e realizzato nel medioevo, che servirà a smaltire l’eccesso di acque meteoriche e ridurre l’innalzamento della falda, in particolare durante gli eventi più estremi. Un sistema di rogge, canali e fontanili la cui costruzione risale a più di otto secoli fa.
Un sistema pensato per migliorare le funzionalità idrauliche del territorio interessato, restituendo allo stesso tempo naturalità ai corsi d’acqua minori, che si potranno rivelare importanti alleati nella mitigazione di fenomeni quali esondazioni e alluvioni.
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