Perché l’inquinamento è ingiusto e razzista

L’inquinamento colpisce di più i poveri e le minoranze, non solo in città. Un nuovo studio americano conferma la teoria dell’ingiustizia ambientale.

L’inquinamento colpisce di più le persone povere e di colore. Questa affermazione non è una novità assoluta e racchiude il problema dell’ingiustizia ambientale che per la prima volta era stato teorizzato da alcuni ricercatori tra gli anni Sessanta e Ottanta. Gli studi di allora si erano fermati ad analizzare la qualità dell’aria di alcune grandi città, constatando una differenza tra quartieri ricchi, abitati per la maggior parte da persone bianche, e quartieri poveri, abitati da persone nere.

Tutto questo è stato confermato da una nuova ricerca americana pubblicata su Plos One che però dimostra anche che questa teoria è valida per tutti gli Stati Uniti, incluse le città storicamente meno inquinate e le aree rurali.

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L’ingiustizia ambientale frutto dell’inquinamento è stato teorizzato a partire dagli anni Sessanta del Novecento

Se il biossido di azoto colpisce i neri

I poveri e le minoranze sarebbero il 38 per cento più esposti dei bianchi al biossido di azoto, un gas molto tossico che causa problemi cardiaci e respiratori. Secondo Julian Marshall, professore di ingegneria ambientale dell’università del Minnesota, “il livello di disparità è alto con probabili conseguenze sulla salute”.

Il biossido di azoto sarebbe responsabile di settemila morti premature ogni anno tra gli afroamericani, soprattutto per problemi cardiaci. La città peggiore in questo senso è New York e l’area metropolitana che arriva fino a Newark. I quartieri newyorchesi hanno fatto registrare un’alta differenza nei dati registrati relativi alla qualità dell’aria. Poi ci sono Filadelfia, l’area metropolitana di Bridgeport e Stamford, Boston.

I poveri non possono scappare dall’inquinamento

Le aree più inquinate sono quelle dove passano le autostrade, dove ci sono le discariche e dove è forte la presenza di impianti industriali. Al contrario, gli alberi, presenti soprattutto nei quartieri più “puliti”, sono un sintomo dell’assenza di grande traffico e di cemento. La conclusione a cui è arrivato Marshall è che il fattore economico è stato determinante creando dei ghetti artificiali: solo i più poveri rimangono, perché costretti, nella loro casa anche dopo che nelle vicinanze è stata costruita un’autostrada o un impianto inquinante. Respirando, così, le conseguenze.

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