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Lella Costa, l’intervsista a LifeGate Radio

Abbiamo avuto l’onore e il piacere di parlare con Lella Costa. Ecco il suo racconto.

Il suo ultimo libro si chiama “La sindrome di Gertrude”. Ci
può spiegare questo titolo?

Quello che ho pubblicato prima erano praticamente i miei testi
teatrali. Questo è il primo e penso, per il bene dei lettori,
che sarà anche l’ultimo, nel senso che non penso che ci
debbano essere altri scrittori e altri libri in Italia. “La
sindrome di Gertrude” è anche un po’la spiegazione del motivo
per cui ho fatto questo libro, non riesco a dire di no, non riesco
a resistere alle tentazioni, alle provocazioni, alle idee di
incursioni in altri territori che non sono esattamente il mio e
quindi la citazione di Getrude si riferisce alla monaca di Monza,
la famosa “sventurata che rispose”. I temi sono diversi, non parlo
di tradimenti, ma di curiosità. In realtà lo considero
una cosa anche molto femminile questa disponibilità a darsi
alla sperimentazione delle cose. E’ come dice il sottotitolo “quasi
un’autobiografia” nel senso che racconto in capitoli brevi alcune
cose che dicendo di sì ad alcune opportunità mi è
capitato di incrociare nella mia vita. Alcune cose serie e
importanti, altre assolutamente frivole come la mia adorata
collezione di scarpe, per capirci.

Gertrude diceva sempre ‘sì’. A cosa lei, invece, vuol
dire assolutamente no?

Beh, come principi inderogabili sono sicuramente determinata a dire
di no e a comportarmi di conseguenza innanzitutto a quello scempio
scandaloso che è la guerra e in generale all’uso della
violenza e della sopraffazione. E quindi ne consegue
all’intolleranza, alla violenza, alla soppressione dei diritti ,
della dignità umana, della libertà, della pace, di tutte
queste cose fondamentali. Nel mio specifico invece ho sempre detto
no alle proposte che mi sono state fatte di candidature politiche,
di carriera politica perché penso di fare un altro mestiere e
penso di farlo perché ho imparato a farlo negli anni e credo
che quando ci si vuole impegnare in un campo bisognerebbe
prepararsi adeguatamente.

Nel libro parla di alcuni incontri che sono stati molto
importanti per lei. Ci può parlare di quello con
Emergency?

Quello con Gino Strada e con Teresa Sarti, che è stata moglie
di Gino e che purtroppo non c’è più da qualche mese,
è stato uno degli incontri della vita. Da loro ho imparato
tantissimo, ma loro sono anche stati gli amici della vita, Gino lo
è ancora e Teresa la porto nel cuore. E credo che avere
imparato davvero e avere capito che non solo la guerra esisteva e
ne esistevano tante forme non così lontano da noi, ma che
soprattutto lo scandalo delle guerre contemporanee, come per altro
ci aveva già raccontato Don Milani negli anni 60, non era
esattamente una novità. Lo scandalo ulteriore è che nelle
guerre contemporanee le vittime sono ormai per più del 90% i
civili. La coscienza di ognuno dovrebbe avere una reazione. Io ho
imparato che esistono questi orrori e credo che una volta che sai
non puoi più tirarti indietro.

L’impegno si può trasporre a teatro?
Penso di sì, penso che non sia obbligatorio. Penso che quando
uno fa teatro debba fare innanzitutto un buon teatro, un bel
teatro, un teatro che incanta lo spettatore, che lo affascina, che
lo incuriosisce, che lo diverte, che lo fa pensare, ma soprattutto
dev’essere la confezione di uno spettacolo con tutti i crismi e
tutti i canoni. Poi è facoltativo metterci dei contenuti, ma
che devono secondo me sempre essere secondari, o comunque non
devono stravolgere quello che è il passo, la musica della
narrazione teatrale. Cerco di farlo, per me è importante dire
alcune cose, ma se scelgo di dirle in teatro è più
importante il modo in cui le dico in quel momento e in quel
contesto. Poi in altre situazioni, più decisamente connotate
socialmente, civilmente, politicamente, allora posso essere libera
di esprimere magari anche le stesse cose, ma in un’altra forma, ma
sul palcoscenico si deve innanzitutto rispettare il palcoscenico
stesso. Si rende sempre più urgente ripensare ai nostri stili
di vita.

Le nostre abitudini quotidiane hanno un impatto sull’ambiente e si
rende sempre più necessario ripensare ai nostri stili di vita.
Anche lei si è messa in discussione, ha ripensato al suo stile
di vita, a quello della sua famiglia?

Ma devo dire di sì, anche perché mi è capitato anche
recentissimamente di essere invitata a fare la presidente della
giuria a Padova a una manifestazione organizzata dall’ARPAV ( ndr
Agenzia Regionale per la Prevenzione e protezione Ambientale del
Veneto) che si occupa di sviluppo sostenibile ed era un concorso
per realizzazioni di video rivolti a ragazzi delle scuole superiori
o a giovani fino ai 27 anni. Devo dire che mi ha molto colpito la
qualità di questi lavori anche perché erano messaggi
molto chiari, molto forti, non fraintendibili e non
procrastinabili. Per esempio per quello che riguarda lo spreco
dell’acqua, lo spreco in generale, l’attenzione a non buttare via,
a consumare consapevolmente, a cercare di sapere esattamente cosa
succede ogni volta che lasci acceso un interruttore o non stacchi
la spina di un elettrodomestico è una piccola presa di
coscienza. Ma insomma non beviamo più l’acqua di bottiglia,
beviamo l’acqua di rubinetto grazie anche a una mia figlia che
è molto sensibile a questi temi. Sono piccole attenzioni che
se ognuno di noi facesse nel proprio ambito qualche miglioramento o
almeno un non peggioramento lo comporterebbero.

C’è una parola una frase o un’espressione che le sta a
cuore?

In generale mi piacerebbe che si facessero dei presidi intorno alle
parole importanti. Una delle frasi che mi porto dietro da molti
anni che è una frase del “Mestiere di vivere” di Cesare
Pavese, mi sembra che racconti molto bene uno stato prolungato
della vita ed è: “Ci si accorge di non essere più giovani
quando dire un dolore lascia il tempo che trova”. Mi piacerebbe in
questo senso poter godere di una giovinezza molto prolungata.

Le proponiamo ora un gioco di associazioni di idee a
partire da alcune parole.

Famiglia– . Credo che intorno alla parola famiglia
ci sia un enorme equivoco e anche un po’doloso a volte. Cioè
si ritiene che la famiglia possa essere e debba essere solo una,
per altro sancita da principi che non sono niente affatto eterni,
perché poi se vai a vedere anche solo com’era il matrimonio
nel Medioevo cambia tutto. Io credo che invece abbia ragione il
protagonista di un film di Walt Disney “Lilo&Stitch” che è
Stitch, animaletto extraterrestre molto cattivo, quando arriva
sulla terra che dopo aver vissuto con due sorelle hawaiane, quando
lo stanno per riportare sul suo pianeta dice: “Famiglia vuol dire
che mai nessuno viene dimenticato o abbandonato”. A me piace
pensare che la famiglia sia quella cosa lì.
Donna- A me viene da dire mondo, viene da dire
storia, viene da dire forza, bellezza. Terra. Ovviamente madre.
Direi che non posso non pensare che la donna sia la migliore
dimostrazione che si possono avere molteplici talenti per la vita.
E se posso citare John Lennon, nonostante tutto ancora oggi “woman
is the nigger of the world”, ancora oggi le donne sono i “negri”,
gli ultimi del mondo. Intorno alla battaglia per il possesso e il
controllo delle donne si giochi il futuro del mondo.
Felicità– Credo che non possa esistere se non
è condivisa con gli altri. Non può esistere una
felicità individuale, singola, soggettiva e chiusa in se
stessa. Si può essere felici solo se c’è una
condivisione.
Lettura- Meraviglia assoluta. I più bei
viaggi della mia vita.
Romanticismo- Credo che sia una parola molto
abusata e il più delle volte non si capisce bene che cosa
voglia dire. Credo che troppo spesso venga intesa come una strana
cosa tra l’essere melensi e l’essere un po’demodé, un po’fuori
moda o comunque essere consumatori di prodotti di cioccolato e
acquistare cuori e fiori il 14 di febbraio. Essendo stato uno dei
movimenti letterari e non solo più significativi
dell’Ottocento, mi dispiace un po’che sia stato ridotto a
questo.

Ascolta l’intervista

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