L’1 aprile Israele ha bombardato l’ambasciata iraniana a Damasco, uccidendo 16 persone tra cui un comandante iraniano.
La risposta dell’Iran non si è fatta attendere: il 13 aprile sono stati lanciati 300 droni e missili contro Israele.
Israele ha intercettato il 99 per cento dell’attacco e ha annunciato una reazione. Gli alleati internazionali frenano.
Sabato 13 aprile l’Iran ha lanciato circa 300 droni e missili verso Israele. Era dalla guerra del golfo nel 1991 che Israele non subiva un simile attacco, che però è stato per il 99 per cento neutralizzato dal sistema di difesa Iron Dome e dal supporto militare dato da Stati Uniti, Regno Unito e Giordania.
L’attacco dell’Iran è avvenuto in risposta all’uccisione di qualche settimana fa da parte di Israele di Mohammad Reza Zahedi, un importante generale delle guardie rivoluzionarie iraniane. Ora Tel Aviv sta valutando il da farsi: la parte più estremista del governo vuole una nuova prova di forza militare contro l’Iran, i più moderati pensano a una risposta più ragionata. Gli alleati internazionali di Israele, su tutti gli Stati Uniti con cui il rapporto si è già raffreddato per le atrocità commesse dall’esercito israeliano negli ultimi mesi nella Striscia di Gaza, chiedono di non alzare ulteriormente la tensione.
Preludio: l’attacco di Israele a Damasco
L’1 aprile Israele ha bombardato l’ambasciata iraniana a Damasco, in Siria. L’edificio è andato perlopiù distrutto e a perdere la vita sono state16 persone: otto iraniani, cinque siriani, un libanese legato a Hezbollah e due civili, una donna e il suo bambino.
Nell’attacco è rimasto ucciso anche Mohammad Reza Zahedi, un importante comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, che è la principale forza militare dell’Iran. Da quando il 7 ottobre ha iniziato l’offensiva militare sulla Striscia di Gaza, avviata dopo l’attentato di Hamas in suolo israeliano che ha causato 1.200 morti e la presa di centinaia di ostaggi, Israele ha compiuto anche diversi attacchi in Siria, con l’obiettivo di colpire uomini e infrastrutture legate agli alleati di Hamas, come il movimento politico-militare libanese Hezbollah e l’Iran.
L’attacco dell’1 aprile è stato sicuramente un evento dirompente, anche perché le tensioni tra Iran e Israele con lo spettro di una guerra tra i due paesi vanno avanti da anni, ma mai c’era stata una prova di forza simile come quella messa in atto in Israele. Sin dalle prime ore dell’attacco, l’Iran ha fatto sapere che avrebbe risposto contro Tel Aviv e con il passare dei giorni l’intelligence statunitense ha raccolto informazioni su un effettivo, imminente contrattacco. Che si è compiuto il 13 aprile.
Svolgimento: la risposta dell’Iran
Nella serata del 13 aprile l’Iran ha lanciato circa 300 tra droni, missili balistici e missili da crociera contro Israele. L’attacco è arrivato dal territorio iraniano, ma anche dalle milizie filo-iraniane che si trovano in territorio siriano e nello Yemen.
Israele non si è fatta trovare impreparata. Intanto i missili hanno impiegato diverse ore per arrivare nei cieli israeliani, inoltre il paese era ormai pronto all’attacco viste le informazioni di intelligence. Il sistema di difesa Iron Dome, gli aerei israeliani e il supporto tecnico-logistico di paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito, ma anche di paesi arabi ostili all’Iran come la Giordania e l’Arabia Saudita, hanno fatto sì che il 99 per cento dei droni e dei missili sia stato intercettato.
New video of #Iran's drone attack in the "True Promise" Operation against targets in the occupied territories pic.twitter.com/4XYriLBcUS
Qualche problema comunque i missili l’hanno creato. Una bambina di 7 anniè rimasta ferita in un villaggio beduino per la caduta dei detriti dei missili intercettati. La bambina è ricoverata all’ospedale Soroka di Beersheva con ferite alle testa, mentre un’altra decina di persone sono state medicate per ferite lievi. L’attacco iraniano ha poi causato danni a una base militare nel deserto del Negev.
Epilogo: cosa farà ora Israele?
Nella giornata del 14 aprile la situazione in Israele è tornata alla calma. L’Iran ha fatto intendere che non compirà altri attacchi e che la vendetta per l’uccisione del comandante Mohammad Reza Zahedi può ritenersi compiuta con il lancio dei 300 missili. In Israele però si è iniziato a discutere di come reagire all’attacco iraniano.
Il gabinetto di guerra, organo creato dal governo di unità nazionale israeliano dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, si è riunito senza giungere ancora a conclusioni. Yoav Gallant, ministro della Difesa, ha detto che il confronto con l’Iran non è concluso. Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale, ha chiamato a una risposta militare forte contro il paese, mentre la parte più moderata del governo sembra propenso sì a rispondere, ma senza arrivare a una escalation militare che isolerebbe ancora di più a livello internazionale Israele, dopo i malumori degli ultimi mesi degli alleati a causa del massacro in corso nella Striscia di Gaza, con oltre 33mila morti.
Gli Stati Uniti in effetti sin da subito hanno avvertito il premier israeliano Benjamin Netanyahu che non parteciperanno ad alcuna operazione militare contro l’Iran e non sosterranno una tale operazione. “Non vogliamo che ci sia una guerra più ampia contro l’Iran”, ha sottolineato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale statunitense, John Kirby. Anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunitosi d’urgenza, ha chiesto sia all’Iran che a Israele di abbassare i toni, una linea condivisa anche dall’Unione europea. Il governo israeliano nelle prossime ore deciderà se dare retta agli alleati internazionali, per cercare di ricucire un rapporto in crisi, o se proseguire con la prova di forza, rischiando di allargare ulteriormente il conflitto.
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