
Dopo numerosi appelli per il cessate il fuoco, Guterres ha intrapreso le vie formali per mettere più pressione sul Consiglio di Sicurezza sulla tragedia a Gaza.
A cinque giorni dall’uccisione del generale Ghassem Soleimani, l’Iran ha ordinato la rappresaglia: colpite due basi statunitensi.
L’Iran ha lanciato la sua rappresaglia contro gli Stati Uniti. Nella notte tra martedì 7 e mercoledì 8, a cinque giorni dall’uccisione del potente generale Ghassem Soleimani, morto in un attacco americano sul territorio dell’Iraq, l’esercito di Teheran ha lanciato dei missili contro due basi statunitensi.
Il Pentagono ha confermato l’attacco, che è stato effettuato alle 23.30 ora italiana, affermando che “l’Iran ha lanciato una dozzina di missili balistici contro le forze americane e della coalizione in Iraq”. Dati leggermente diversi sono stati diffusi dal comando militare iracheno, secondo i quale i missili sarebbero stati 22: “Diciassette contro la base aerea di Ain al-Assaf e cinque sulla città di Erbil”.
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Secondo entrambe le fonti non ci sarebbe stata alcuna vittima, mentre le autorità di Teheran hanno parlato di “80 morti” tra i soldati statunitensi. Detto ciò, entrambe le parti hanno dato l’impressione di voler gettare acqua sul fuoco. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha commentato con un tweet l’operazione iraniana, affermando che “è tutto a posto” e che “la valutazione dei danni e delle vittime è in corso”. Washington ha in seguito smentito la morte di militari americani.
All is well! Missiles launched from Iran at two military bases located in Iraq. Assessment of casualties & damages taking place now. So far, so good! We have the most powerful and well equipped military anywhere in the world, by far! I will be making a statement tomorrow morning.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 8, 2020
Mentre il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Javad Zarif, ha spiegato che il bombardamento ha rappresentato una reazione “proporzionata” rispetto all’attacco ordinato dalla Casa Bianca. E ha precisato che “non è nostra intenzione cercare un’escalation”. Tuttavia, la stessa diplomazia iraniana ha avvertito che in caso di nuovi attacchi da parte americana “la risposta sarà ancor più devastante” e potrà raggiungere anche “Israele” e “gli alleati degli Stati Uniti”.
Iran took & concluded proportionate measures in self-defense under Article 51 of UN Charter targeting base from which cowardly armed attack against our citizens & senior officials were launched.
We do not seek escalation or war, but will defend ourselves against any aggression.
— Javad Zarif (@JZarif) January 8, 2020
Il contesto resta dunque particolarmente teso. E ad esercitare pressione sul governo dell’Iran c’è anche la stessa popolazione: al corteo funebre in onore di Soleimani hanno partecipato milioni di persone. Tanto da aver creato una ressa nella quale hanno perso la vita 50 persone.
Domani, giovedì 9 gennaio, è prevista una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York, alla quale avrebbe dovuto assistere anche il ministro degli Esteri iraniano. Tuttavia, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha riferito al governo di Teheran che gli Stati Uniti non hanno concesso il visto al capo della diplomazia americana.
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