Gambia, l’ex presidente Jammeh lascia il paese con 11 milioni di dollari

In Gambia, il più piccolo paese dell’Africa, la tensione è alle stelle: il presidente uscente non si fa da parte e l’Africa Occidentale minaccia di deporlo con le armi. Migliaia di civili in fuga.

Aggiornamento del 23 gennaio – Dalle casse del Gambia mancano 11 milioni di dollari. Un ‘tesoretto’ pari all’1 per cento del pil nazionale, che il presidente Yahya Jammeh da ieri in esilio in Guinea Equatoriale avrebbe deciso di portare con sé sotto forma di auto di lusso, gioielli e oggetti preziosi. A dare la notizia – che ha fatto in breve il giro del mondo – è stato questa mattina Mai Fatty – consigliere del neopresidente Adama Barrow – secondo cui nelle ultime settimane l’ex dittatore gambiano avrebbe ritirato dalle casse dello Stato 500 milioni di dalasi, una somma pari a 11 milioni di dollari in valuta locale.

Appena poche ore prima, la Comunità dei paesi dell’Africa occidentale (Ecowas), aveva rilasciato una dichiarazione congiunta in cui affermava che Jammeh, in esilio al termine di una difficile mediazione, aveva tuttavia il diritto di poter tornare in patria “senza subire rappresaglie”, né lui, né i suoi familiari né collaboratori.

Le prossime ore saranno cruciali per il Gambia, che ha intrapreso un difficile cammino per il ritorno alla democrazia dopo 22 anni di dominio incontrollato di Jammeh.


Aggiornamento del 22 gennaio – Il presidente Yahya Jammeh ha lasciato Banjul a bordo di un volo privato diretto verso la Guinea Equatoriale: sembra così sbloccarsi l’impasse politico-istituzionale in Gambia, che nelle ultime ore aveva fatto temere un intervento armato dei paesi dell’Africa Occidentale. Jammeh ha annunciato con un messaggio alla tv nazionale le sue dimissioni. “Lascio per il bene del Paese, da musulmano e uomo di Stato non voglio che neanche una goccia di sangue venga versata. Sono grato e fiero di aver guidato il Gambia”.

Dal Senegal, dove due giorni fa ha giurato come nuovo presidente del più piccolo paese africano, Adama Barrow, ha annunciato che rientrerà in Gambia “il più presto possibile” e che creerà una commissione d’inchiesta sulle accuse di violazione dei diritti umani commesse durante i 22 anni di governo del suo predecessore.

La decisione del presidente di lasciare il paese, frutto di una mediazione dell’ultim’ora, è stata confermata in un comunicato congiunto di Onu, Unione Africana e Comunità economica dell’Africa Occidentale (Ecowas). La Guinea Equatoriale, meta dell’esilio di Jammeh, non riconosce la corte penale internazionale ed è improbabile che, in caso di una messa in stato d’accusa dell’ex presidente, accetti di consegnarlo ad organismi o enti terzi.


Oltre 45mila persone hanno passato la frontiera con il Senegal in fuga dal Gambia, dove il presidente uscente Yahya Jammeh rifiuta di farsi da parte consentendo l’insediamento del nuovo capo di stato democraticamente eletto. Ieri, le truppe di Mali, Togo, Ghana, Nigeria e Senegal sono entrate nel paese, piccola enclave all’interno del Senegal, ma al momento sembra che i soldati siano fermi in attesa di sviluppi: i presidenti di Guinea e Mauritania si sono infatti recati a Banjul per convincere Jammeh a farsi da parte scongiurando un possibile bagno di sangue.

Il presidente eletto ha giurato in Senegal

Dopo il voto dello scorso dicembre, il presidente in carica – al potere dal 1994 – aveva ammesso la sconfitta, ma poi ha cambiato idea e si è rifiutato di cedere il potere al vincitore Adama Barrow. Nella serata di ieri quest’ultimo ha giurato ufficialmente come presidente nell’ambasciata del Gambia in Senegal. Barrow e il presidente della commissione elettorale che lo aveva proclamato vincitore al termine dello spoglio delle urne, avevano lasciato il paese nelle scorse settimane.

Militari africani entrano nel paese

Secondo fonti militari gambiane citate da diversi media africani Jammeh avrebbe assoldato mercenari provenienti da Senegal, Guinea Conakry, Liberia, Guinea Bissau e Costa d’Avorio. Un ‘esercito’ di avventurieri da contrapporre alle truppe che la Comunità economica dell’Africa Occidentale (Ecowas) gli ha schierato contro e che, a detta del loro portavoce, non avrebbero incontrato sul terreno “alcuna resistenza”. Intanto, il presidente avrebbe dissolto l’intero gabinetto – o meglio, ciò che ne restava, considerato che molti dei suoi ministri si sono dati alla fuga riparando all’estero – prendendo in mano tutti i poteri. Nelle ultime ore le strade della capitale sono deserte e la gente resta chiusa in casa in attesa di sviluppi.

Mediazioni e ultimatum per evitare lo scontro

Un primo ultimatum – a mezzogiorno di oggi – è scaduto senza novità sostanziali, mentre un secondo, su richiesta dello stesso Jammeh, è fissato per le prossime ore. Nel suo discorso inaugurale all’ambasciata di Dakar, Barrow ha ordinato ai membri delle forze armate del Gambia di ritirarsi nelle caserme, avvertendo che tutti i militari trovati armati per le strade nelle prossime ore saranno considerati “ribelli”.

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La situazione, già tesa da settimane, è precipitata ieri, dopo che il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza per 90 giorni, accusando irregolarità nel processo elettorale e annunciando la volontà di restare in carica fino a nuove elezioni. Rimanendo al potere, Jammeh sarebbe al riparo da eventuali azioni legali per i presunti abusi e le violazioni dei diritti umani commesse durante il suo governo.

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