La grande madre, archetipo femminile e allegoria della Terra

Declinare in termini artistico-figurativi il tema istituzionale dell’imminente Expo Milano 2015, ovvero nutrire il pianeta, evoca per immediata associazione di idee l’icona millenaria della Terra come generosa fonte di sostentamento per ogni specie vivente. Non è dunque un caso che uno dei principali appuntamenti culturali della lunga kermesse milanese, prossimamente ospitato dal 26 agosto al 15

Declinare in termini artistico-figurativi il tema istituzionale dell’imminente Expo Milano 2015, ovvero nutrire il pianeta, evoca per immediata associazione di idee l’icona millenaria della Terra come generosa fonte di sostentamento per ogni specie vivente. Non è dunque un caso che uno dei principali appuntamenti culturali della lunga kermesse milanese, prossimamente ospitato dal 26 agosto al 15 novembre a Palazzo Reale, ideato e prodotto dalla Fondazione Nicola Trussardi, rechi impresso già nel titolo la traccia inconfondibile dell’archetipo.

 

https://youtu.be/1wGtySu8kHY

La grande madre è infatti un articolato ed ambizioso percorso espositivo in cui convergono le diverse e multiformi declinazioni del femminile, inteso non solo come forza generatrice e accudiente ma anche come metafora della creatività o come fulcro di mutamenti epocali della società, di strenue lotte per l’emancipazione, di stereotipi mediatico-pubblicitari tutti da decostruire, attorno ai quali si rincorrono le analisi filosofiche, antropologiche e psicoanalitiche sulla differenza di genere ma anche l’inclinazione, squisitamente latina e italiana, al cosiddetto “mammismo”.

 

Una complessità che la mostra affida ad un vasto campionario iconografico che va dalle Veneri paleolitiche alle Madonne da Sacra Famiglia, fino alle “cattive ragazze” femministe, alla “donna meccanica e automatica” del Dadaismo o alla “figlia nata senza madre” di Francis Picabia, passando per la femme courage del cinema neorealista o per l’allegoria fascista della donna-patria, includendo perfino le apparizioni mariane della provincia americana.

 

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Il curatore Massimiliano Gioni, che già nel titolo della mostra ribadisce quella stessa ispirazione junghiana al centro della scorsa Biennale veneziana da lui allestita, nella cui prima sala troneggiava appunto il “Libro Rosso”, ribadisce la sua specifica attenzione ai rapporti fra arte, antropologia e storia del costume, nonché la volontà di evidenziare le più prossime radici storiche della contemporaneità. Tra i 127 artisti in esposizione figureranno infatti alcune celebri progenitrici delle grandi avanguardie novecentesche, quali Dorothea Tanning, Frida Kahlo o Dora Maar, per poi arrivare alle più prossime Louise Bourgeois, Cindy Sherman, Rosemarie Trockel, Sarah Lucas o Pipilotti Rist, annoverando poi, sul versante maschile, autori come Jeff Koons, Cattelan, Brancusi o Lennart Nilsson, il primo ad aver fotografato un feto in vivo in endoscopia, interpretato in tale contesto come l’icona estrema o tecnologicamente più avveniristica della femminilità generatrice.

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