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Peter Senge, docente del MIT, pensatore e formatore all’avanguardia in ambito aziendale, esplora le sfide economiche, sociali e ambientali dei nostri tempi, indicando direzione e strumenti per far lavorare individui e organizzazioni verso un futuro sostenibile.
“Dall’era della separazione all’era della connessione” potrebbe essere la sintesi in poche parole del libro The necessary Revolution scritto nel 2008 da Peter Senge, noto in Italia per il libro “La quinta disciplina”, in cui già c’era il seme di questa ancor più approfondita riflessione che include anche l’ambito ambientale e lo porta all’attenzione dell’intellighenzia del mondo economico e aziendale internazionale.
Siamo arrivati a un punto di svolta nella nostra evoluzione di sapiens sapiens. Ora che abbiamo esplorato e consolidato le nostre immense potenzialità realizzative e trasformative sul mondo dobbiamo sviluppare la consapevolezza di non esserci solo noi sull’astronave Terra. E’ proprio questa – Astronave Terra – l’espressione con cui l’autore fa riflettere sui limiti dell’ecosistema e l’impossibilità matematica di proseguire con un livello di produzione e crescita pari a quello attuale. Nella ricerca di nuove vie, nuove soluzioni concrete da applicare al nostro stile di vita e di lavoro, uno strumento su rivela indispensabile: l’ampliamento della visione individuale e collettiva da una dimensione “ego” a una più ampia visione “eco”, lo sviluppo della consapevolezza delle implicazioni di ogni azione e il consolidamento del senso di responsabilità nei confronti del presente e del futuro.
Senge parte da una analisi materiale, precisa e pungente: il 5% della popolazione consuma il 25% del petrolio, le 200 persone più ricche del mondo hanno più di 2 miliardi e mezzo di persone messe insieme, più di metà della popolazione mondiale vive con meno di 2 dollari al giorni, laddove l’americano medio ne spende 130.
Ma questo non è che l’inizio del discorso, perché l’autore arriva a chiamare in causa una dimensione sinora ignorata dagli economisti, quella esistenziale: la rivoluzione di cui parla è un Rinascimento, un risveglio collettivo che, partendo dal basso, cambierà il modo di vedere il mondo, i valori, la definizione stessa di progresso, il modo di lavorare delle istituzioni. “Così come l’Età del ferro non si è conclusa per mancanza di materia prima – scrive – l’Era industriale non finirà per mancanza di possibilità di espansione, ma perché individui, società e governi stanno realizzando che le conseguenze di questo modo di vivere e lavorare non è sostenibile”.
Il pensiero ecologico è il punto di partenza: la consapevolezza dell’interconnessione che, sola, può consentirci di progettare futuri capaci di considerare anche le esigenze delle generazioni che verranno. Un ampliamento di visione che porta “oltre la bolla”, come Senge chiama l’illusione che sta portando al collasso la nostra società. Il suo è un invito a riprendere il contatto con la realtà: “la forza di gravità non è un’idea, è una legge”, afferma, per far capire che i suoi non sono discorsi idealisti, ma realisti.
Ma come realizzare un cambiamento, cosa fare? Senge indica una direzione, tutta da costruire, in perfetto stile umanistico-esistenziale (o socratico), non ha riposte preconfezionate, quella a cui punta è prima di tutto una rivoluzione interiore, che passa attraverso il pensiero libero e creativo, l’apprendimento di modalità di comunicazione di qualità e di collaborazione, la mindfulness. Fonda, nel 1991 a Boston, la Society for Organisational Learning (SOL), l’organizzazione mondiale più importante nel management sistemico, evolutivo, post-razionalista e post-taylorista, proprio per raccogliere e promuovere strumenti innovativi per la crescita delle organizzazioni secondo valori umanistici ed ecologici, nel rispetto della natura umana e dell’ecosistema.
La SOL diventa così il centro catalizzatore di pratiche innovative che promuovono, allo stesso tempo, crescita personale e crescita dell’organizzazione, per creare i presupposti per la progettazione e la realizzazione di un nuovo modo di vivere non più basato sul passato, ma sul futuro che vogliamo.
Un discorso, questo che ricalca in pieno le finalità dell’ecopsicologia e che risveglia speranza, coinvolgimento e creatività in azione per riconoscerci e diventare tutti protagonisti attivi verso il consolidamento di un punto di incontro tra la realtà possibile e quella così come la vogliamo, senza mai rassegnarsi… all’evitabile.
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