
Nuovo omicidio a sfondo ambientale in Perù. Ucciso un attivista che lottava contro la costruzione di una diga sul fiume Marañón.
A luglio è crollata una diga per le forti piogge, uccidendo decine di persone in Laos. Ma proseguono i lavori per costruirne molte altre, nonostante i timori della popolazione.
Nel mese di luglio il Laos è stato scosso dal crollo di una diga, che è costato la vita a decine di persone e ha letteralmente distrutto interi villaggi. Nonostante le promesse e le rassicurazioni del governo, però, i progetti per le nuove centrali idroelettriche vanno avanti. Compresi quelli per due maxi-impianti che, dopo questo grave precedente, non possono non destare preoccupazioni nella popolazione. Lo sottolinea il quotidiano Guardian.
Nella notte tra il 23 e il 24 luglio, nella provincia di Attapeu, una diga idroelettrica ancora in costruzione è crollata a seguito delle forti piogge, allagando diversi villaggi e costringendo seimila persone ad abbandonare le loro case. Le vittime accertate sono almeno 35, ma si contano ancora centinaia di dispersi. Secondo la Croce Rossa Internazionale, sono migliaia le persone che vivono tuttora in sistemazioni precarie.
A distanza di oltre un mese, le notizie in merito sono ancora frammentarie e le autorità laotiane hanno ricevuto parecchie critiche, prima per le difficoltà nella gestione dell’emergenza e poi per il risarcimento offerto ai familiari, pari a meno di 200 dollari per ogni persona che ha perso la vita. A fine agosto è arrivato un carico di aiuti umanitari da parte della Russia.
How’s life in Laos, one month after a dam collapse triggered deadly flash floods?
Lao Red Cross help is getting through – despite the challenges. Watch! ?#LaoDamCollapse pic.twitter.com/hosQSHJPob
— IFRC Asia Pacific (@IFRCAsiaPacific) 23 agosto 2018
A inizio di agosto, il primo ministro laotiano Thongloun Sisoulith aveva ordinato di bloccare tutti i futuri progetti di centrali idroelettriche e di avviare un esame approfondito di tutti quelli in corso. Soltanto 24 ore dopo quest’annuncio, tuttavia, è iniziato il processo di consultazione per la diga Pak Lay nella provincia di Xayaburi (o Sainyabuli), nella zona nord-occidentale del paese asiatico, al confine con la Thailandia. Si tratta di un grande passo avanti per la costruzione di questa nuova diga, che sarà la quarta per dimensioni sul fiume Mekong.
At least 35 people killed and 6000 displaced by Xepian-Xe Nam Noy dam collapse, yet the Laos Government is continuing to build destructive, unsustainable #megadams! Financial institutions and world banks must say no to funding #DirtyEnergy | https://t.co/Ya4zHVBohf pic.twitter.com/QUKcBsjn34 — Friends of the Earth (@FoEint) 23 agosto 2018
Secondo la Mekong River Commission, prosegue indisturbato anche l’iter per la diga Pak Beng, che produrrà 912 megawatt di energia e richiederà un investimento di circa 2,4 miliardi di dollari. Il progetto ha già superato la fase di consultazione e sta aspettando il via libera dalle autorità delle quattro nazioni coinvolte (oltre al Laos, anche Thailandia, Cambogia e Vietnam).
Entrambi i progetti, Pak Lay e Pak Beng, sono finanziati da alcune imprese cinesi e hanno riscosso vibranti proteste da parte degli ambientalisti e delle comunità locali. Secondo alcune indiscrezioni, non sarebbero nemmeno stati sottoposti ai controlli promessi dalle autorità. Le stime dicono che, se verranno completati, costringeranno migliaia di famiglie a trasferirsi (circa 1000 famiglie il primo e 6.700 il secondo).
Southeast Asia’s electricity shortage makes hydropower an attractive energy source—but experts have some major concerns https://t.co/em5WXpxnYO
— National Geographic (@NatGeo) 24 agosto 2018
Questi due sono i progetti idroelettrici di dimensioni più consistenti, ma non sono certo gli unici. Per la precisione, sul territorio del Laos ne sono operativi già 46; aggiungendo al conteggio anche quelli in fase di studio e costruzione, che hanno già attirato investimenti pari a miliardi di dollari, il totale supera il centinaio. I capitali provengono per l’80 per cento dall’estero, prevalentemente da Cina e Corea del Sud.
Da tempo infatti il Laos, ancora scarsamente industrializzato, si è lanciato nell’impresa di diventare il serbatoio di energia del continente e risollevare la propria economia grazie alle esportazioni verso i paesi più vicini, Thailandia in primis.
Le organizzazioni ambientaliste però puntano il dito sull’ingente impatto di questi impianti sul territorio, che spesso passa in sordina nella fase di progettazione. Le dighe minacciano la fauna ittica, danneggiano il suolo e alterano il bacino idrografico, fino al punto di compromettere l’ecosistema del bacino del Mekong. Secondo alcune voci critiche, riportate dal National Geographic, spesso la popolazione e i media vengono tenuti all’oscuro dei processi di approvazione e costruzione, trovandosi di fronte al fatto compiuto.
Dopo il disastro dello scorso luglio, ai timori per l’ambiente si sono aggiunti quelli sulla sicurezza. I prossimi mesi saranno dunque un banco di prova che servirà a capire se il governo laotiano sia disposto a mettere in discussione progetti così remunerativi.
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