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La lobby del petrolio è forte. Speriamo che, anche sull’onda della vicenda Guidi, gli elettori italiani, in patria e all’estero, decidano di scegliere in prima persona se vogliono un futuro solare o petrolifero e quindi di andare a votare e sbarrare la casella ‘Sì’.
Ho appena rilasciato un’intervista sulle dimissioni della ministra Federica Guidi in cui la giornalista di Ambiente Quotidiano m’ha detto che fui “crocefisso per aver osato, nel governo dell’Unione e nonostante il Pd, tagliare il Cip6 e miliardi di regali ai petrolieri fatti a spese delle rinnovabili”.
È vero. Da ministro dell’Ambiente sono stato ferocemente osteggiato dai petrolieri, per aver scelto come consulenti Carlo Rubbia e Jeremy Rifkin e per aver realizzato le prime norme italiane efficaci per l’energia solare – il secondo Conto energia, di cui tra un anno festeggeremo il decennale – e per l’efficienza energetica, con gli ecobonus.
Ma ancor prima di divenire ministro dell’Ambiente, avevo lanciato pubblicamente l’idea di cambiare nome e mission dell’Eni, da “Ente Nazionale Idrocarburi” in “Ente Nazionale Innovazione”.
E già da anni avevo capito, da giovane deputato dei Verdi, che a ogni angolo del fu ministero dell’Industria, a ogni piano, nei corridoi di ogni ufficio, si aggiravano membri della lobby del petrolio. Negli anni il ministero ha cambiato molti nomi, nel 1999 ministero delle Attività produttive e nel 2006 dello Sviluppo Economico, ma i gangli vitali della lobby del petrolio no, erano ancora lì. Servitori di un vecchio sistema di potere capace, con un emendamento o con una parolina, di spostare risorse pubbliche miliardarie verso investimenti più o meno strategici. Verso il petrolio, contro le rinnovabili. Verso le trivelle, contro il futuro.
Del resto nel 2006 ero riuscito a far inserire nel programma dell’Unione (la coalizione che sosteneva Prodi) la cancellazione del Cip 6, del trucco che per 20 anni ha dirottato decine di miliardi di euro pagati in bolletta e destinati alle rinnovabili verso “le assimilabili” ovvero raffinerie petrolifere e inceneritori.
Per aver osato eliminare quello scandalo mi sono trovato additato come il “mister no”, un bersaglio per industrialisti spregiudicati ma anche per i cosiddetti ambientalisti del Sì.
Ho visto poche settimane fa l’anteprima del film sulla morte di Pasolini che tira in ballo il ruolo del settore petrolifero e sono rimasto impressionato. Ho pensato che se avessi fatto il ministro qualche decennio prima non sarei stato solo calunniato e oggetto di squallide macchine del fango ma probabilmente sarei stato ucciso. È davvero incredibile che secondo gli scienziati dell’Onu rischiamo l’estinzione della specie se non ci liberiamo dei combustibili fossili, e intanto in Italia c’è ancora chi boicotta le rinnovabili e farebbe carte false per sostenere il petrolio.
Però il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. Ora l’affaire Guidi, ministra di Confindustria, svela al mondo i legami tra governo e mondo petrolifero. Proprio in quella Basilicata capofila con la Puglia del referendum. E proprio ora, mentre il governo e il Pd stanno scandalosamente boicottando il referendum NoTriv, convocandolo nella data più ravvicinata possibile per ridurre ogni informazione, fanno anche appello all’astensione, diffondono disinformazione su false perdite di posti di lavoro.
Spero che, anche sull’onda di questa vicenda, gli elettori italiani, in patria e all’estero, decidano di scegliere in prima persona se vogliono un futuro solare o petrolifero. I danni per turismo, pesca, ambiente, agricoltura delle trivellazioni in mare e nelle campagne sono evidenti e annunciati. Non si può subire il ricatto di pochi a danno degli interessi di molti e di Madre Terra. Confido che almeno in questi ultimi giorni prima di domenica 17 aprile tanti giornalisti e perfino molti parlamentari, seppur nominati e senza base elettorale, decidano di buttare il cuore oltre l’ostacolo dicendo no a minacce, ricatti o promesse, schierandosi per il voto, per il “Sì” e per un futuro sostenibile.
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