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Immerso nel palcoscenico delle Dolomiti, il Lumen offre uno sguardo emozionante sul nostro rapporto con le regine della natura. Il museo di fotografia della montagna dall’Alto Adige ci porta a esplorare il mondo.
Superati i 2mila metri ci si sente più vicini al cielo, che si fa leggero e ampio. Il mondo del fondovalle sembra sempre più lontano e si fa viva la consapevolezza che questo momento era quello di cui avevamo bisogno. Il fascino per la montagna è qualcosa che accomuna tutti, sia chi la ama che chi la teme – un fil rouge che ci unisce anche alle donne e agli uomini del passato. Come gli alpinisti della metà dell’Ottocento che furono i primi a immortalare gli ambienti montani in tutta la loro meraviglia, le cui storie e imprese sono raccontate nel Lumen, il museo di fotografia della montagna che si trova a Plan de Corones, a 2.275 metri, nel cuore dell’Alto Adige e delle Dolomiti.
I 1.800 metri quadri di struttura suddivisi su quattro piani hanno tutte le caratteristiche di uno spazio museale moderno e interattivo, reso stimolante dai diversi formati usati per presentare e raccontare le fotografie. I molti spazi sono dedicati ciascuno a un argomento diverso, per una visione della montagna a 360 gradi, ma dialogano sempre tra loro, una scelta che riflette l’approccio multidisciplinare e olistico che il Lumen adotta nei confronti del tema. Per scoprire non solo la storia della fotografia della montagna e conoscere i suoi più illustri esponenti, ma anche installazioni e mostre che raccontano l’alpinismo, il turismo, la politica, la spiritualità e addirittura l’utilizzo dei monti come icone pubblicitarie.
A trasformare fisicamente l’ex stazione a monte della funivia di Kronplatz (Plan de Corones in tedesco), che d’inverno è un frequentato comprensorio sciistico, in un polo culturale è stato l’architetto Gerhard Mahlknecht. Oltre alla teatralità degli ambienti interni, grandi vetrate regalano viste spettacolari sulle montagne che circondano il museo, un punto d’osservazione su “l’architettura naturale più bella del mondo”, ovvero le Dolomiti, nelle parole del visionario progettista Le Corbusier. Così i visitatori del Lumen possono trarre costante ispirazione dal paesaggio circostante, scoprendo e riflettendo sul modo in cui le montagne fanno parte della vita sociale, politica ed economica di tantissimi popoli.
Di grande effetto è anche il lembo della struttura, una specie di balconata chiusa in cui si ha l’impressione di essere sospesi nel vuoto, che ospita il ristorante Alpinn. Qui prende vita il concetto culinario dello chef stellato Norbert Niederkofler, basato sulla stagionalità e sulla valorizzazione degli ingredienti locali. Circondato da vetrate, oltre al panorama dal ristorante è visibile è anche il Messner mountain museum di Corones, una delle sei sedi museali volute dal grande alpinista Reinhold Messner nel suo nativo Alto Adige che raccontano anch’esse la montagna e la sua cultura. Anche questa struttura è caratterizzata da un’architettura d’impatto, quella dell’archistar Zaha Hadid.
“È un museo d’avventura”, racconta Thina Adams, la direttrice, “si può vivere la tematica perché abbiamo fatto vedere la parte scientifica e la storia della fotografia, però abbiamo anche innovazioni digitali come un volo nelle Dolomiti in realtà virtuale e una sala degli specchi”. E come non menzionare l’otturatore, apertura gigante che ricorda quella dell’obiettivo fotografico che quando è aperta diventa una vetrata con vista montagna (naturalmente) e, una volta chiusa, uno schermo di proiezione. “Abbiamo anche tante mostre temporanee, ad esempio con i nostri partner National Geographic e Redbull Illume, e molte stazioni interattive, da vivere”, aggiunge Adams.
Grazie alla collaborazione con il Tap, l’archivio fotografico del Tirolo, e la collezione dei fratelli Alinari, una visita al Lumen permette di conoscere i migliori fotografi del passato e del presente – e chi, come Kurt Moser con il suo progetto Lightcatcher, unisce il meglio dei due mondi. Infatti, con la tecnica dell’ambrotipia, risalente al 1850, l’artista fissa le immagini su lastre di vetro, rendendole uniche, ovvero non riproducibili o modificabili, e dedicandosi quindi “alla vera lavorazione a mano, creando così qualcosa di duraturo, inimmaginabile, autentico, bello”, come si legge sul suo sito. Poi c’è chi utilizza la fotografia per gettare luce sul mondo in cui viviamo, come Fabiano Ventura, autore del progetto Sulle tracce dei ghiacciai che mette a confronto le foto dei ghiacciai di oggi con quelle di 60 anni fa per mostrare i mutamenti spaventosi che subiscono a causa dei cambiamenti climatici.
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Così il Lumen ci permette di viaggiare in tante epoche e in tutto il mondo, accompagnandoci lungo un sentiero emozionante per raggiungere una vetta importante. La consapevolezza che quello che può darci il mondo lassù, dove l’aria è rarefatta e il caos quotidiano è distante, è uno sguardo su come ci rapportiamo alla vastità della natura per comprendere meglio qual è il nostro posto su questa Terra.
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