Le mamme della Terra dei fuochi. Vogliamo che i bimbi non si ammalino più

Ogni giorno un nuovo rogo. Ogni settimana la notizia di una giovane vita spezzata. 7 mesi, 12 anni, 8 anni. Un’intera generazione che sta scomparendo. Non a causa di una guerra, ma a causa della terra su cui poggia i piedi, dell’aria che respira, del cibo che mangia. Basta prendere il tratto di autostrada del

Ogni giorno un nuovo rogo. Ogni settimana la notizia di una giovane vita spezzata. 7 mesi, 12 anni, 8 anni. Un’intera generazione che sta scomparendo. Non a causa di una guerra, ma a causa della terra su cui poggia i piedi, dell’aria che respira, del cibo che mangia.

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Protesta di circa 2mila persone, per le strade di Napoli. Foto via Emanuele Sessa/Pacific Press/LightRocket via Getty Images

Basta prendere il tratto di autostrada del Sole che sale da Napoli verso Caserta: appena usciti dal trafficato centro cittadino si stagliano le fertilissime campagne campane, quelle un tempo chiamate Campania Felix. Dal finestrino dell’auto fumo nero. Pochi chilometri e in lontananza se ne scorge un altro, poi un altro ancora. Certo potrebbero anche non essere rifiuti, ma il colore scuro, nero, lascia pochi dubbi.

E basta ascoltare la voce di chi in quelle campagne di vive, per fugarli. Come quella di Marzia Cacciopoli, una delle mamme della Terra dei fuochi, che ha perso il piccolo Antonio all’età di 8 anni e mezzo e una delle protagoniste del documentario “Il Segreto di Pulcinella – Viaggio nella Terra dei fuochi”. “L’odore c’è a tutte le ore, ma soprattutto di notte, verso le due, le tre quando la gente dorme”, racconta. “Ci sono molte attività abusive che pagano pochi spiccioli persone che bruciano i resti di lavorazione, ad esempio del tessile. Non c’è alcun controllo sul territorio. Se ci fosse non si arriverebbe a questo”.

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Marzia Caccioppoli, una delle madri della Terra dei fuochi.

La Terra dei fuochi, la discarica d’Italia

Ma non ci sono solo i roghi a Casalnuovo di Napoli e in tutta l’area limitrofa. Ci sono le tonnellate di rifiuti industriali, tossici, mari di amianto sepolti negli anni in tutta la regione. Fin dagli anni ’90, come raccontò Carmine Schiavone, ex camorrista e pentito.

Secondo il rapporto di Legambiente “Terra dei fuochi. A che punto siamo?” pubblicato nel 2015, si parla di 10 milioni di metri cubi sepolti su una superficie di 1.076 kmq (la Terra dei fuochi in senso stretto). Mentre aumentano a 25 milioni di metri cubi, su una superficie di 3.839 kmq se si sommano le quantità delle discariche e dei siti contaminati nelle due province di Napoli e Caserta (dati Regione Campania).

Generazione perduta

Ed è in queste terre che mamma Marzia ha perso il proprio figlio. “Tutto è accaduto nel 2013, dopo che mio figlio è stato colpito da glioblastoma multiforme, patologia che può essere riconducibile a danno ambientale”, spiega la giovane madre. “Si tratta di una patologia che colpisce più facilmente gli adulti. La stessa oncologa del Casilini di Genova era stupita della cosa e mi chiese se vivessimo in un’area compromessa”.

Da quel momento la signora Marzia inizia ad indagare, venendo a conoscenza della situazione in cui versava l’area in cui la famiglia viveva. Non c’erano solo i quotidiani roghi, ma c’era anche qualcosa sepolto, nascosto alla vista e all’olfatto.

Oggi, insieme ad altre sei mamme e due papà, Marzia gestisce un’associazione che aiuta le famiglie sia a sopportare la malattia dei propri figli: “Inoltre aiutiamo le famiglie campane ad affrontare i viaggi della speranza. Oggi in Campania riscontriamo una disparità per quanto riguarda i fondi destinati alla sanità. Ma, cosa più grave, non abbiamo una terapia del dolore domiciliare. Non solo ci ammaliamo ma siamo costretti ad emigrare per curarci”, racconta.

Lutto nazionale

Decine di genitori che hanno messo da parte il proprio lutto. Anzi, da questo hanno trovato nuova forza, e si sono uniti per esprimere tutta la loro dignità e coraggio. “Questa è una fase molto dolorosa. Stiamo seguendo una bambina di 12 anni, Sara, che mi ha toccato l’anima. Lei è la mia bambina, che avrebbe diritto di andare a scuola, di gioire, di vivere. Poi c’è il piccolo Riccardo di 22 mesi, che è cresciuto e ha iniziato a camminare in ospedale, attaccato ad una flebo. Poi c’è Mesia, 4 anni e mezzo o Francesco di 8 anni, ammalato di osteoblatoma”. E poi ci sono le lacrime che ogni giorno solcano i visi delle mamme e dei bambini. “Oggi voglio essere voce di speranza. Non si tratta solo del mio dolore, io sono la mamma di tutti i bambini delle Terra dei fuochi”, conclude la madre. “Sogno di tornare ad accarezzare una guancia di un bambino non bagnata dalle lacrime di dolore”.

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