![“I migranti sono persone”, ci ricorda papa Francesco](https://cdn.lifegate.it/k_AdsGIVBCC02yjwVRO9hCYFh4A=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/papa-francesco4.jpg, https://cdn.lifegate.it/ute8n5ZvT9sjNj_A68srTf2ODHo=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/papa-francesco4.jpg 2x)
A sei anni dalla sua visita a Lampedusa, papa Francesco ha celebrato messa per i migranti e i loro soccorritori: “Sono persone, non solo questioni sociali”.
Nel 2020 almeno 900 migranti hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste europee. Tra ottobre e novembre si sono susseguiti otto naufragi.
In questi ultimi giorni i naufragi nel Mediterraneo si susseguono uno dopo l’altro, con un gravissimo bilancio in termini di vite umane. Ha scosso le coscienze la storia di Joseph, il bimbo di appena sei mesi, originario della Guinea, che era a bordo di una nave che si è rovesciata al largo della Libia. Mercoledì mattina gli operatori della ong Open Arms sono riusciti a soccorrerlo, ma è morto in attesa di essere trasferito all’ospedale. Oltre a lui, si contano altre cinque vittime tra i migranti. A poche ore di distanza è giunta notizia di un altro incidente nelle acque libiche.
C’erano 120 persone (tra cui donne e bambini) a bordo dell’imbarcazione, partita dalla città di Khums, che è naufragata giovedì 12 novembre. Almeno 74 migranti hanno perso la vita, mentre 47 sopravvissuti sono stati riportati a riva dalla guardia costiera e dai pescatori della zona. Le operazioni di recupero dei corpi sono ancora in corso. È l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) a diffondere i dettagli di questa tragedia, l’ottava a partire dall’inizio di ottobre. Solo negli ultimi due giorni Open Arms, l’unica ong che al momento è operativa su questa rotta, ha salvato oltre duecento persone.
“La crescente perdita di vite umane nel Mediterraneo è un segno dell’incapacità degli Stati di agire in modo decisivo per riconfigurare un sistema di soccorso dedicato, di cui c’è un forte bisogno nella rotta più mortale del mondo”, ha dichiarato tramite una nota Federico Soda, a capo delle missioni dell’Iom in Libia. L’organizzazione chiede alle autorità nazionali e sovranazionali di cambiare approccio, ponendo fine ai rimpatri forzati e mettendo a punto un sistema di sbarco più sicuro. A partire dall’inizio di quest’anno almeno novecento persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste europee; e in alcuni casi i decessi sono imputabili a ritardi nei soccorsi. “Migliaia di persone vulnerabili continuano a pagare il prezzo dell’inerzia, tanto in mare quanto sulla terraferma”.
Anche per via delle condizioni meteo favorevoli, in queste ultime settimane le partenze dalla Libia sono diventate sempre più frequenti. Dal 1° ottobre lo Iom ha conteggiato oltre 780 arrivi in Italia, a fronte di circa 1.900 migranti che sono stati intercettati e riportati indietro. Dall’inizio del 2020 ne sono stati respinti circa 11mila. Ma la Libia – ribadisce l’Iom – non può essere considerata come un porto sicuro, considerate le gravi violazioni dei diritti umani documentate dalle Nazioni Unite. “Le condizioni umanitarie in peggioramento dei migranti detenuti in centri sovraffollati, il largo ricorso a detenzioni e arresti arbitrari, le estorsioni e gli abusi sono allarmanti”, si legge nella nota. Che chiede di autorizzare le organizzazioni internazionali a condurre operazioni di salvataggio.
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