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Uno studio ha tracciato il percorso dei polifenoli contenuti nella polpa e nella buccia delle mele nel corpo umano e il ruolo decisivo del microbiota intestinale.
Chi non conosce il detto “Una mela al giorno toglie il medico di torno”? Ma vi siete mai chiesti perché le mele fanno bene? Il merito va in gran parte ai polifenoli (molecole dalle proprietà anti-infiammatorie, anti-diabetogene e anti-cancerogene) contenuti nella polpa e soprattutto nella buccia. Ora, uno studio ha approfondito cosa succede a questi composti quando ingeriamo questo frutto. Si tratta di una ricerca condotta dalla Fondazione Edmund Mach in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), finanziata dal progetto Ager Melo e appena pubblicata sulla rivista Food Research International, che ha scoperto le complesse trasformazioni dei polifenoli in altre forme chimiche biodisponibili all’organismo umano, evidenziando il ruolo decisivo del microbiota intestinale nell’azione benefica di questi composti bioattivi. I risultati forniscono informazioni essenziali per mappare la nutri-cinetica, ossia il transito nel corpo umano delle molecole che proteggono la salute.
I ricercatori del Dipartimento Qualità alimentare e Nutrizione FEM e del Centro di ricerca alimenti e nutrizione del Crea hanno seguito un gruppo di 12 volontari sani che, in due diverse occasioni, hanno consumato una semplice spremuta di mela di alta qualità oppure un succo arricchito in polifenoli della mela, con l’obiettivo di valutare come i polifenoli presenti nella mela fossero metabolizzati. La ricerca ha dimostrato che nessuno dei composti fenolici presenti nel succo di mela si ritrova nell’organismo nella sua forma originale (cioè come è presente nella mela). Infatti questi composti vengono variamente metabolizzati nell’uomo in 110 diverse forme chimiche che compaiono nel circolo sanguigno prima e nelle urine poi.
I ricercatori hanno poi potuto appurare che mentre il 40 per cento dei metaboliti originava dai processi metabolici umani, il restante 60 per cento richiedeva l’intervento dell’azione dei batteri intestinali per poter entrare in circolo. “La quantità e la persistenza di ognuna di queste molecole nei fluidi biologici (sangue e urine), è risultata molto variabile tra un individuo e l’altro – spiegano i ricercatori – non solo a causa di differenze genetiche, ma anche a causa di differenze nella composizione del microbiota intestinale”. I metaboliti derivanti dal metabolismo microbico sono risultati più persistenti, cioè capaci di rimanere in circolo per periodi molto più lunghi. Inoltre, è stata osservata un’interessante correlazione tra la composizione dei batteri intestinali, misurata tramite esperimenti di metagenomica, e la quantità di metaboliti circolanti. La composizione del microbiota intestinale appare, quindi, un fattore importante per mediare l’azione benefica del consumo di mele.
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