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Se si diffondesse di più la mobilità elettrica, a Roma scenderebbero del 62 per cento le emissioni di NO2 e a Palermo del 38 per cento quelle di Pm10.
Incrementare la mobilità elettrica per ridurre l’inquinamento e migliorare la qualità dell’aria. Se ne discute da tempo ma ora uno studio offre dei dati dettagliati relativi a cinque città, secondo due possibili prospettive al 2025 e al 2030. Il rapporto “Più mobilità elettrica: scenari futuri e qualità dell’aria nelle città italiane”, è stato realizzato dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr in collaborazione con Motus-E, l’associazione per lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia.
Il lavoro presenta una valutazione della dispersione in atmosfera e della ricaduta al suolo degli inquinanti primari e secondari e il relativo impatto emissivo a Torino, Milano, Bologna, Roma e Palermo, sulla base anche dell’attuale parco circolante nel trasporto privato e nella logistica. Il traffico veicolare è una delle principali cause di inquinamento in ambito urbano e produce una significativa incidenza sui costi sociali ed economici: in uno scenario più ampio di ricambio del parco auto, la crescita percentuale di veicoli elettrici gioca un ruolo fondamentale nella riduzione delle concentrazioni degli inquinanti, in particolare di biossido di azoto (NO2).
Lo studio ipotizza una penetrazione di veicoli elettrici pari al 4 per cento per quelli privati e al 5 per cento per quelli commerciali al 2025, percentuali che salgono rispettivamente al 20 e al 15 per cento nello scenario al 2030. Considerando la prima prospettiva, le concentrazioni di NO2 relative al comparto mobilità scenderebbero da un minimo del 47 per cento a Bologna, fino a un massimo del 62 per cento a Roma; dati che salirebbero decisamente nello scenario 2030, oscillando dal 74 per cento di Palermo all’89 per cento di Roma. Per quanto riguarda invece il Pm10, l’impatto positivo sarebbe più ridotto ma comunque importante: al 2025 si andrebbe tra il 28 per cento di Bologna e il 38 per cento di Palermo, mentre al 2030 la riduzione varierebbe tra il 34 e il 46 per cento.
La maggiore penetrazione di vetture elettriche prospettata nello studio si traduce anche in una significativa riduzione delle stime sul numero di vittime causate dall’inquinamento atmosferico derivante dalle concentrazioni di NO2 e Pm10 nelle città: il costo sociale associato al numero di decessi evitati varia tra 140 milioni e 2 miliardi di euro nello scenario al 2025, e tra 222 milioni e 3 miliardi al 2030. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, pubblicato cinque anni fa, l’inquinamento atmosferico costituisce la principale fonte di rischio ambientale per la salute della popolazione mondiale, in particolare nelle aree urbane maggiormente congestionate.
L’Agenzia europea dell’ambiente ha rilevato che, nel 2018, il particolato fine ha causato circa 417mila decessi prematuri tra i cittadini dell’Ue, mentre il biossido di azoto ne ha provocati circa 55mila. E le città del nostro Paese, secondo uno studio dell’Università di Utrecht, detengono il triste primato in termini di morti premature legate all’inquinamento atmosferico. Un’altra ricerca commissiona dall’European public health alliance nel 2018, riporta Roma, Milano e Torino tra le prime 25 città europee per costi sociali relativi alla cattiva qualità dell’aria.
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