Editoriale

La morte dell’orso Juan Carrito ci ricorda che abbiamo un problema con la strada

Il 23 gennaio Juan Carrito, giovane esemplare di orso bruno marsicano, famoso per le sue innocue scorribande e benvoluto da tutti, è stato investito e ucciso mentre attraversava una strada a Castel di Sangro.

Era noto come Juan Carrito, Ganimede o M20, era un giovane orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) di circa tre anni, ed è morto lo scorso 23 gennaio. Si dice ucciso da un’automobile, una Opel Corsa, a Castel di Sangro, mentre attraversava la statale 17. Forse, però sarebbe più giusto dire che Juan Carrito è stato ucciso, non volontariamente, certo, ma neppure casualmente. Ucciso non da un’auto ma da un essere umano, come noi, alla guida, un’attività che la maggior parte di noi svolge quotidianamente. Abbiamo un problema con auto e strade, e questo non riguarda solo l’incolumità della fauna selvatica.

morte Juan Carrito su strada italiana
Le strade italiane non sono sicure a causa del numero di veicoli e della velocità di circolazione © iStockphoto

L’Italia, secondo il rapporto di Legambiente “Clean Cities – Non è un paese per bici”, è il Paese europeo dove si registra la maggiore densità di autoveicoli per cento abitanti. Difficile non scorgere un parallelismo tra la morte dell’orso e la mattanza di ciclisti che ogni giorno ha luogo sulle strade italiane. “Ogni giorno mille persone vengono uccise per strada mentre camminano o vanno in bici – secondo quanto riportato nel rapporto Path (Partnership for active travel and health) – Gli incidenti stradali sono la prima causa di morte fra le persone fra i 5 e i 30 anni”. I dati sono inequivocabili: la strada rappresenta un pericolo mortale per tutti noi, pedoni, ciclisti, automobilisti, orsi.

Juan Carrito era un orso confidente, ma il problema è la strada

Come riportato nel Rapporto orso marsicano 2020, gli incidenti stradali sono la terza causa di morte per gli orsi. “La fauna (e in particolare l’orso) attraversa le strade in funzione del volume di traffico, quindi le strade diventano più facilmente attraversabili quando ci sono pochi veicoli che le percorrono”. Il problema, però, oltre all’effettivo numero di veicoli in transito, è causato dalla velocità. “Il monitoraggio della velocità indica che la maggior parte dei guidatori non rispetta i limiti di velocità e spesso si tratta di velocità impensabili per una strada di montagna all’interno di un’area protetta, dove animali selvatici e domestici, ma anche escursionisti possono attraversare”. Sulla SS83, tra Gioia vecchio e Pescasseroli, ad esempio, sono state registrate velocità superiori ai 150 chilometri orari, con un massimo di 202. Ha ancora senso, dinnanzi questi dati, parlare di orso confidente o bisognerebbe, piuttosto, risolvere alla radice la nostra endemica incapacità di guidare in maniera sicura rispettando i limiti di velocità e il buon senso? La domanda sorge poiché in molti hanno collegato la morte del plantigrado con il suo status di orso confidente, definizione che indica “un orso che ha perso la naturale diffidenza nei confronti dell’uomo come conseguenza di una ripetuta esposizione a contatti senza conseguenze negative”.

Juan Carrito confidente lo era di certo. Le sue visite nei paesi e le sue interazioni con gli animali domestici lo hanno reso celebre, d’altro canto era figlio di Amarena, anch’essa nota per avvicinarsi ai centri abitati in cerca di cibo. Il primo aprile 2021, ad esempio, Amarena e i suoi quattro cuccioli, tra cui Juan Carrito, fanno razzia in due pollai e, durante la fuga, attraversano l’autostrada. Tuttavia il rischio di venire investiti, un rischio da scongiurare in particolare per un animale la cui popolazione è estremamente esigua come l’orso bruno marsicano, non riguarda solo gli orsi confidenti, dato che, come conferma lo stesso Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, “alcuni orsi frequentano zone che comprendono strade, e le attraversano di frequente”. Un altro orso marsicano è morto sulla strada e, per una specie che conta una popolazione che oscilla tra i 50 e i 60 esemplari, è una tragedia, ma non può essere liquidata come fatalità. Se uno stato non è in grado di tutelare uno dei suoi patrimoni (sì, la fauna è, come sancito dall’articolo uno della legge 157 del 1992 “patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale”), è evidente che non può essere ritenuto esente da colpe.

Il dovere delle istituzioni

Le istituzioni hanno il dovere di adottare tutti i provvedimenti possibili per cercare di minimizzare il rischio di tragedie analoghe. Innanzitutto reprimendo duramente i comportamenti sbagliati, installando autovelox, telecamere e dissuasori di velocità, in secondo luogo cercando di affrontare l’annosa questione dell’assenza di adeguati corridoi ecologici e della presenza di barriere che frammentano e rendono insicuro il territorio di un animale girovago come l’orso. “In buona parte del nostro Appennino le strade attraversano aree naturali ricche di biodiversità – ha scritto in una nota l’associazione Salviamo l’orso, da anni impegnata nella realizzazione di progetti concreti a tutela dell’orso marsicano e del suo ambiente naturale – Vivere in un territorio dove la natura è predominante, considerato che quella stessa ricchezza è utilizzata in slogan per attirare flussi turistici, dovrebbe obbligarci a investire nella sua salvaguardia. Troppo spesso invece mancano politiche (locali, regionali e nazionali) che prevedano azioni concrete per mitigare il nostro impatto sulla preziosa e unica biodiversità che ci circonda. Gli interventi di messa in sicurezza delle strade, per il bene della fauna e delle persone, soprattutto fuori dalle aree protette, non possono essere demandati alle associazioni o ai Parchi, che pure investono di propria iniziativa ingenti risorse ed energie per migliorare la coesistenza tra uomo e orso, per mitigare l’impatto delle nostre attività sulla sopravvivenza del plantigrado, per garantire un futuro a questa popolazione. È necessario un cambio di marcia reale: si faccia in modo che la morte di un giovane orso non sia dimenticata domani e non sia stata vana”.

Si può quantificare la perdita di un giovane esemplare di una specie così rara, unica e carismatica? No, e forse non è neppure giusto tentare di farlo. Eppure va ricordato l’incredibile valore dell’orso marsicano, che attira in Abruzzo appassionati da tutto il mondo. Questo pacifico mammifero attribuisce ad un’area, già straordinaria per la sua ricchezza naturalistica, un’aurea che è difficile spiegare a parole, ma che è possibile percepire distintamente camminando nei sentieri del parco. Il solo fatto di calpestare lo stesso terreno calpestato dall’orso, e scorgere qua e là tracce della sua presenza, è un’esperienza inebriante. Uomini e orsi intrecciano i loro cammini da migliaia di anni, condividiamo un passato cavernicolo e la distribuzione dell’orso accompagna le migrazioni umane dalla preistoria, e speriamo possano continuare a farlo, anche in Italia.

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