
In un’epoca in cui consapevolezze e dati non mancano gli allevamenti intensivi continuano ad aprire, come nel caso del maxiallevamento di galline ovaiole ad Arborio. A spese di ambiente, persone e animali.
Diventa legge la proposta di vietare la detenzione a catena degli animali d’affezione a meno di documentate necessità sanitarie o di sicurezza.
Per i cani italiani è un giorno di festa. Il 13 giugno il Consiglio regionale del Veneto ha approvato, con voto unanime dei consiglieri, la legge che vieta di detenere i cani a corda o a catena, a meno di casi specifici e acclarati di natura sanitaria o per ragioni di sicurezza.
La legge riconosce definitivamente la pratica di legare gli animali alla catena, ancora molto diffusa in Italia, specie nelle zone rurali, come maltrattamento. «Una legge di civiltà – l’ha definita il relatore Leonardo Padrin – destinata a superare vecchie mentalità e a creare una cultura di rispetto del benessere animale».
Il Veneto è la seconda regione italiana ad aver adottato questo tipo di provvedimento. Pioniere nella lotta del miglioramento delle condizioni degli animali è stata l’Emilia Romagna che nel marzo del 2013 aveva vietato l’uso della catena.
Il provvedimento approvato è composto da due soli articoli e modifica la legge regionale n.60 del 1993 intitolata “tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo”. Una volta pubblicata sul Bollettino della regione la legge vieterà “l’utilizzo della catena o di qualunque altro strumento di contenzione similare, su suolo privato, salvo per ragioni sanitarie documentabili e certificate dal veterinario curante o per misure urgenti e solamente temporanee di sicurezza”.
Ora spetta alla giunta regionale il compito di emanare apposite indicazioni per stabilire i requisiti delle strutture destinate ad ospitare cani e gatti, con disposizioni specifiche per la detenzione da parte dei privati. La nuova legge spalanca anche ai cani le porte di giardini pubblici, parchi e spiagge, purché tenuti a guinzaglio, a meno che non si tratti di spazi a loro destinati nei quali possono correre e giocare senza costrizioni.
Per ora sono solo due regioni su venti ma qualcosa sta cambiando. Se “la civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali” ci si può lasciare andare ad un cauto ottimismo per il futuro, un futuro nel quale verranno riconosciuti i diritti degli animali e, soprattutto, senza più catene.
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