![Sport e clima: perché il 20% delle nazioni che partecipano alle Olimpiadi è a rischio](https://cdn.lifegate.it/Oyvxh9fqlvSdX8dMyIk4V5eMp4k=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2023/11/parco-nazionale.jpg, https://cdn.lifegate.it/Tp6Lc_rqMtk1d9zAKGf8HIxeegY=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2023/11/parco-nazionale.jpg 2x)
Come i cambiamenti climatici stanno trasformando lo sport, ma soprattutto il destino olimpico di molte atlete e atleti solo per la loro provenienza geografica.
Il Sud Sudan, il più giovane stato al mondo, sta già vivendo una crisi umanitaria tra le peggiori vissute da qualsiasi altro stato. Dall’inizio del conflitto cominciato a dicembre 2013, più di un milione di persone hanno abbandonato le loro case mentre sono quasi 5 milioni coloro che hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Il Sud Sudan, il più giovane stato al mondo, sta già vivendo una crisi umanitaria tra le peggiori vissute da qualsiasi altro stato. Dall’inizio del conflitto cominciato a dicembre 2013, più di un milione di persone hanno abbandonato le loro case mentre sono quasi 5 milioni coloro che hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Per questo motivo il governo norvegese ha convocato il 20 maggio a Oslo, capitale della Norvegia, una conferenza internazionale in collaborazione con l’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha). Tra i partecipanti anche Stati Uniti e Regno Unito.
Lo scopo è raccogliere, in prima battuta, almeno 800 milioni di dollari (585 milioni di euro) per garantire ai civili cibo e medicine visto che la produzione agricola del paese africano è praticamente ferma. Le Nazioni Unite hanno incrementato i fondi necessari per fornire assistenza alla popolazione da 1,3 a 1,8 miliardi di dollari. La raccolta finora è ferma a 590 milioni. La Norvegia ha stanziato 80 milioni di dollari, 50 milioni gli Stati Uniti, più di 100 il Regno Unito.
Il ministro degli Esteri norvegese Borge Brend si è detto “molto preoccupato per il numero di civili che sono stati uccisi o attaccati dalle parti in conflitto. Noi abbiamo unito tutti i principali attori umanitari a Oslo per trovare un accordo su misure condivise di assistenza alle milioni di persone coinvolte”.
Un punto su cui tutti si sono trovati d’accordo è che venga rispettata la tregua firmata il 10 maggio dal presidente Salva Kiir e il leader dei ribelli (nonché ex vicepresidente) Riek Machar per fare in modo che gli sfollati possano rientrare nelle loro case e essere assistiti.
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